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giovedì 26 settembre 2013

Onu: Siria, Iran, Obama, pure Letta, è la 'fiera delle vanità'

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/09/2013
E’ forse l’unica settimana di tutto l’anno in cui New York si accorge di ospitare le Nazioni Unite, fuori dai ristretti confini del quartiere onusiano, di fronte al Palazzo di Vetro, sulla First Avenue, più o meno tra la 40.a e la 50.a Street, là dove corre Dustin Hoffman ne ‘Il Maratoneta’: l’apertura dell’Assemblea generale attira migliaia di leader, ministri, diplomatici da tutto il mondo e coincide con una ridda di consultazioni regionali e bilaterali. Quest’anno, le misure di sicurezza, sempre eccezionali dopo l’11 Settembre 2001, hanno subito un giro di vite supplementare: il terrorismo vive sussulti cruenti dal Libano al Corno d’Africa e tra Iraq, Afghanistan e Pakistan, senza contare la strage della Navy Yard a Washington la settimana scorsa.
I critici dell’Onu contestano i costi di questa ‘fiera delle vanità’ diplomatiche, i cui risultati tangibili sono quasi sempre modesti. In realtà, i costi sono distribuiti fra le singole delegazioni nazionali – ciascuna si fa carico delle proprie missioni -; e le spese della sicurezza sono un onere tutto Usa. Sulle Nazioni Unite, l’Assemblea generale pesa relativamente poco.
Per la 68esima edizione, apertasi martedì, sul podio si succedono 131 capi di Stato e di governo e 60 ministri degli Esteri dei 193 Paesi Onu. Con tanta bella gente importante in giro, farsi notare è difficile: bisogna parlare il primo giorno e meglio se fra i primi – il presidente Usa Obama ha preso la parola subito dopo la brasiliana Roussef, cui la tradizione affida il discorso d’apertura -; oppure, per ultimi – martedì prossimo, a chiudere la trafila saranno Santa Sede, Corea del Nord e Israele -. Oppure, fai come il presidente sudanese Bashir, colpito da mandato di cattura internazionale dopo essere stato condannato per crimini di guerra dalla Corte dell’Aja: prima, annunci il tuo arrivo, creando scompiglio – arrestarlo?, o no? -; poi rinunci, se l’aria che tira è brutta.
Il premier Letta, come molti leader Ue, ha parlato ieri – il presidente francese Hollande aveva avuto uno spot il primo giorno -. Ma le parole di Letta dal podio si sono un po’ perse nel vortice delle frasi del premier su Telecom e Alitalia e dei racconti di “un paese virtuoso”, dove la stabilità è “cruciale” e che ha di fronte “12 mesi di crescita” (difficile convincersi che parlasse dell’Italia).
Il segretario dell'Onu Ban mette in cima all'agenda della settimana la Siria: l'intesa tra Russia e Usa per una ‘roadmap’ sull'eliminazione delle armi chimiche siriane deve ora tradursi in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. E di Siria, in effetti, molto si parla: Obama sollecita un testo “forte” e afferma che il principio di rispetto della sovranità “non può fare scudo a tiranni e massacri”.

Ma la vera attrazione delle prime battute dell’Assemblea generale è stato il presidente iraniano Rohani, al debutto internazionale. Rohani ha distribuito, dal podio dell’Onu e nei bilaterali, dichiarazioni concilianti, sui programmi nucleari iraniani e su Israele. Obama gli risponde dicendosi “pronto al dialogo”, ma chiede che “Teheran faccia seguire i fatti alle parole” e, per il momento, evita d’incontrarlo. Un po’ di diffidenza talora non guasta: quando Rohani definisce l’Olocausto “un crimine riprovevole dei nazisti contro gli ebrei”, pare una svolta; ma ieri l’agenzia ufficiale iraniana corregge il tiro, mai pronunciate quelle parole, un errore di traduzione.

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