Scritto per EurActiv il 12/09/2013
Emma
Bonino spezza un’ennesima lancia per un’Europa federale, sia pure ‘leggera’: lo
fa intervenendo alla conferenza regionale a Roma
del Council of Councils, un gruppo creato
dal Council on Foreign relations e che riunisce 20 fra i maggiori think tanks
di tutto il mondo.
L’evento regionale è stato organizzato dallo IAI, l’Istituto Affari
Internazionali, che - unico think tank italiano -
fa parte del Council, e i lavori si sono svolti al Ministero degli Esteri. La
giornata conclusiva è stata aperta dal governatore della Banca d’Italia Ignazio
Visco e conclusa dal ministro degli Esteri. Visco ha ha individuato “le chiavi
della ripresa nella determinazione condivisa a procedere verso un'Unione
europea a tutti gli effetti e nella costruzione di un'Unione bancaria
efficace".
Nel suo intervento, la Bonino ha denunciato la debolezza e
l’inadeguatezza dell’attuale governance globale, citando ad esempio le vicende
dell’Egitto e della Siria, ed ha anche rilevato che l’Europa non è attualmente
all’altezza delle attese e dei compiti, anche se “bisogna andare avanti sulla
via dell’integrazione istituzionale, perché non c’è altra alternativa agli
unilateralismi e ai nazionalismi”.
“C’è chi vede l’Unione come mercato e basta –ha detto il
ministro-, chi la vede come Unione intergovernativa, chi la vede come Unione
federale. Io la vedo così, come una Federazione ‘leggera’, perché non vedo
altro sistema che possa garantire democrazia, efficienza, responsabilità e
diversità.”.: una scelta non solo razionale, né tutta emotiva, ma dettata dalla necessità.
La prospettiva è quella di un’Europa federale che abbia fra le
proprie competenze anche la politica estera, la difesa e i diritti civili:
“Un’Europa del genere sarebbe un attore più solido sulla scena internazionale,
e in grado di contribuire alla governance globale in un mondo sempre più
interdipendente e multipolare”, ha sostenuto la Bonino. E un’Europa del genere
sarebbe pure un antidoto alle spinte, che nascono dalla crisi, a chiudersi in
se stessi ed a negarsi alla solidarietà.
Il ministro riconosce le difficoltà nel passare dal dire al
fare. Ma trova un motivo d’ottimismo nel constatare che, nonostante l’avanzare
dell’euro-scetticismo, anche in Italia, “nessuno, alla prova dei fatti, vuole
poi lasciare davvero l’Unione”.
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