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mercoledì 11 settembre 2013

Siria: Obama-Putin, la strana coppia della pace fredda

Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/09/2013

Come in un telefilm di Law and Order, hanno giocato al poliziotto buono e a quello cattivo. A ruoli però invertiti, così il pubblico, magari, ci ha creduto di più: in questa crisi delle armi chimiche siriane, alla fine Obama e Putin si saranno fatti da spalla l’un l’altro. Una pantomima, non si sa quanto consapevole e quanto involontaria, che guadagna tempo alla diplomazia e regala speranze alla soluzione concordata; e forse consentirà alla Casa Bianca d’ottenere più facilmente il via libera dal Congresso all’uso della forza. Perché, tanto, ormai tutti o quasi sono convinti che non ce ne sarà bisogno. E se, invece, al-Assad si facesse di nuovo beffe dell’Onu e degli Usa, allora la scarica di Tomahawk se la sarà proprio meritata.

Quando la ritorsione che poteva incendiare tutto il Medio Oriente, con conseguenze imprevedibili, pareva inevitabile, la svolta matura a cavallo tra lunedì e martedì: Kerry fa una battuta; Lavrov la rilancia sul serio; e Damasco accetta la proposta di mettere i suoi gas sotto controllo internazionale. Anzi, il ministro degli esteri siriano Walid Muallem offre la disponibilità a sciorinare gli arsenali ed a cessare la produzione. E pure l’Iran s’allinea: è una buona strada.

A quel punto, Washington, Londra, Parigi e tutti quanti non possono che vedere se al-Assad ‘bluffa’ o gioca davvero a carte scoperte: priorità alla diplomazia, ma restando sempre sul chi vive. All’Onu, vi sono schermaglie, perché la Francia cerca d’ottenere dal Consiglio di Sicurezza l’avallo in bianco a colpire Damasco in caso di recidiva e la Russia non ci sta.

Gli sviluppi tolgono pathos al discorso alla Nazione di Obama dallo Studio Ovale –il presidente parla alle 21.00, le 3 del mattino in Italia-, dopo che il Congresso ha già deciso di rinviare il voto sull’autorizzazione all’attacco, che non è affatto acquisita. E crescono i no nell’opinione pubblica: quasi due americani su tre non approvano il ricorso alle armi. 

Obama ammette che l’idea di mettere gli arsenali siriani sotto controllo internazionale è buona ed apre a Mosca, dopo i ‘giorni del gelo’ (apparente?) a San Pietroburgo. Ma vuole verifiche e non abbassa la guardia: continua, anzi, a chiedere al Congresso di dargli mano libera, così da essere pronto ad agire se ve ne fosse bisogno.
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Per Emma Bonino, la diplomazia può ora contare su due/tre settimane per sventare l’attacco e cercare una soluzione negoziata: fra una decina di giorni, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, potrebbe rivelarsi la palestra adatta. Oggi, il premier Letta ne parlerà in Parlamento.

Le partite aperte, quella siriana e quella chimica, sono complesse. Un documento della Cia indica che pure Israele ha i suoi arsenali di gas letali. E gli esperti notano che, per disfarsi di quelli siriani, diverse centinaia di tonnellate di agenti chimici, ci vorrà “almeno una decina d’anni”.

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