Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/09/2013
Stretta di mano ostentata e sorrisi tirati all’apertura del
G20, a San Pietroburgo, tra i presidenti russo Putin e americano Obama. E clima
non rilassato, la sera, alla cena di lavoro ufficiale. Le posizioni di Mosca e
Washington, antitetiche su un attacco alla Siria, condizionano l’atmosfera dei
colloqui e diluiscono le speranze di pace.
Obama guida il partito dell’intervento e cerca di fare
proseliti: già acquisiti, Erdogan, Hollande e Cameron, cui i Comuni hanno però
intimato di tenere gli aerei a cuccia. Putin è contrario, come Cina, Germania e
molti altri. E’ sua, però, la proposta che la questione siriana sia affrontata a
cena, tradizionalmente il momento dei problemi spinosi. La mossa è una
concessione a Obama: il menù della cena del G20 è sempre stato economia e
finanza, ma, ora, la percezione di essere a uno snodo tra guerra e pace
schiaccia gli altri temi.
Prima dell’inizio dei lavori, Putin e gli altri leader
ricevono una lettera di Papa Francesco, che, secondo El Clarin, avrebbe pure
telefonato al presidente siriano al-Assad –il Vaticano smentisce-: “La pretesa di
una soluzione militare è vana, serve una trattativa”. E l’Onu manda a Mosca Brahimi,
il negoziatore, per rilanciare la conferenza di pace internazionale sulla
Siria, la cosiddetta Ginevra2.
Obama, che martedì 9 potrebbe ottenere il via libera del Congresso,
dice al premier giapponese Abe che il G20 dovrebbe “riconoscere che il ricorso
ai gas in Siria viola il diritto internazionale e va punito”. Putin giudica le
prove contro al-Assad sul ricorso al sarin “non convincenti”. Riluttante
all’azione come molti, l’Italia –mercoledì 11 ne discuterà il Parlamento- ritiene
indispensabile per l’attacco l’avallo dell’Onu, che deve ancora produrre i
risultati dell’inchiesta degli ispettori. L’Ue,
divisa, vuole una soluzione politica; Hollande e la Merkel ne parlano.
La crisi siriana polarizza l’attenzione, in un clima tra Usa e Russia che evoca
la Guerra Fredda.
Putin e Obama non si vedono in bilaterale, ma si parlano: i rischi in Siria sono troppo alti per tenersi il broncio. E
la Cina
avverte che il blitz avrebbe un impatto negativo su economia globale: non c’è
alternativa alla soluzione politica. Con l’input del
papa, ma non solo, lo scenario potrebbe cambiare, nel giro di 48 ore o,
comunque, entro il 9.
Mai un G20 era stato segnato da tanta tensione. All’economia
si bada poco, anche se il premier Letta spera che il Vertice sancisca la fine
della crisi –in realtà, si parla di “ripresa ancora debole” e del perdurare “di
rischi”- e certifichi l’emancipazione dell’Italia dal ruolo di sorvegliato
speciale. Letta, che ha vari incontri, dice di non temere la caduta del governo:
la ripresa è a portata di mano, assicura, anche se i barometri indicano che l’Ue
è fuori dalla recessione, l’Italia no. Ma
il ministro Saccomanni insiste: il processo di ripresa è in corso, l’incertezza
politica lo condiziona.
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