P R O S S I M A M E N T E

Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore - Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore - Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore

lunedì 30 settembre 2013

Italia/Ue: coesione, Fondi da spendere, non miliardi a perdere

Scritto per il Corriere del Mezzogiorno del 30/09/2013

Siamo 25imi. Uno chiede: “Su quanti?”. Su 27, perché la Croazia, appena entrata, è fuori concorso. Dietro di noi, abbiamo solo Bulgaria e Romania, nella classifica della capacità d’utilizzo dei fondi di coesione dell’Unione europea, soldi che devono contribuire allo sviluppo delle aree più arretrate o ad attenuare situazioni di disagio sociale. L’inefficienza dell’Italia non è una novità: negli Anni 80 e 90, arrancavamo dietro Grecia, Portogallo e Spagna, altri grandi beneficiari dei fondi Ue regionale e sociale; poi, dopo l’allargamento a Est, le somme a noi destinate si sono ridotte e non è migliorata la nostra capacità di usufruirne bene e tempestivamente.

Quella classifica era un cruccio per Fabrizio Barca, ministro per la Coesione territoriale fino all’inverno scorso, che, in 15 mesi, aveva tentato “un cambio di grammatica istituzionale”, aprendo su internet il portale Open Coesione, dov’era possibile verificare l’utilizzo locale dei fondi europei. Un balzo in avanti in termini di trasparenza, che ha dato risultati in termini di efficienza.

Ci vogliono programmi, progetti, impegni di spesa tempestivi, messe in pratica pronte. Per discutere come farlo nel modo migliore, EurActiv.it, portale d’informazione europea, organizza, il 4 ottobre, venerdì, a Roma, un convegno cui saranno presenti i vice-presidenti della Commissione e del Parlamento europei Antonio Tajani e Gianni Pittella, l’ex ministro Barca, il presidente della Regione Abruzzo Giovanni Chiodi e numerosi altri.

I dati più aggiornati del Ministero della Coesione territoriale, validati dalla Ragioneria generale dello Stato, dicono che la spesa certificata a Bruxelles per l’attuazione dei programmi finanziati dai fondi comunitari 2007-2013 ha raggiunto il 40% della dotazione totale, superando, quindi, l’obiettivo nazionale del 38,8%. L’Italia ha speso 10,8 miliardi di euro: 7,4 del Fondo regionale e 3,4 del Fondo sociale, senza calcolare il cofinanziamento nazionale.

Fare ancora meglio non è impossibile, anche se sarà difficile battere i ‘campioni’ dell’Est dell’Ue, Polonia, Paesi Baltici, Slovenia, anche Slovacchia. L’utilizzo inadeguato dei fondi disponibili è una delle tare che frenano la ripresa nell’Ue e non è fenomeno solo italiano: quando il Vertice europeo lanciò – giugno 2013 - il Patto per la Crescita, mettendo sul tavolo 120 miliardi di euro circa d’investimenti, i tre quarti di essi erano soldi già stanziati ma non ancora utilizzati dai governi e che rischiavano d’andare perduti (e circa 9 miliardi, la somma maggiore per un singolo Paese, erano nostri).

Per il ministro degli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, “l'Europa metterà a disposizione dell’Italia circa 45 miliardi da qui al 2020”: 16 circa quelli che resteranno da spendere a fine anno, cui se ne aggiungono una trentina a valere sul periodo 2014-2020.

Di qui a dicembre, servirà però un’accelerazione per non perdere risorse. Il prossimo obiettivo prevede di arrivare al 31 dicembre avendo utilizzato il 46% dei fondi. Che, in termini concreti, significa raggiungere i 12,8 miliardi di investimenti, due in più rispetto all'ultimo rilevamento. Circa 500 milioni devono essere spesi dal Fondo sociale, mentre lo sforzo più grande viene chiesto alle regioni, che devono impegnare un tesoretto di quasi 1,5 miliardi complessivi. C’è un rischio, purtroppo concreto, di perdere delle opportunità, perché quanto non risulta effettivamente speso e certificato alla Commissione entro il 31 dicembre viene automaticamente disimpegnato.

Spulciando i bilanci del Ministero per analizzare i risultati raggiunti finora, emergono situazioni regionali decisamente preoccupanti: Sicilia e Puglia devono ancora riuscire a investire oltre 200 milioni di euro, la Calabria quasi 125, il Lazio un centinaio. Tutti quei soldi sembrano una manna, possono diventare una maledizione, se li perdi.

Il problema non riguarda solo le regioni, ma anche vari fondi gestiti a livello centrale. Il programma operativo nazionale ricerca e competitività, ad esempio, negli ultimi nove mesi è avanzato a passi lentissimi. E, per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Commissione, entro fine anno dovrà passare da 1,3 miliardi di euro a quasi 1,8 miliardi. Il programma attrattori culturali, tra quelli messi peggio con appena il 23% della spesa certificata, dovrà quasi raddoppiare i suoi impieghi, passando da 120 milioni di euro fino a 222 milioni.

Ancora più impegnativa la situazione che dovremo affrontare dall’anno prossimo. Entro il 2015, infatti, bisognerà arrivare a spendere 27,9 miliardi complessivi: 6,9 dal Fondo sociale europeo e circa 21 dal Fondo di sviluppo regionale. Cui vanno aggiunti 21,5 miliardi di cofinanziamento con fondi nazionali. Nel giro di due anni, esiste il rischio concreto di bruciare una somma che si aggira, secondo le proiezioni del Ministero, tra i 5 e i 10 miliardi di euro di fondi europei. Senza contare che, intanto, bisognerà affrontare la programmazione del 2014-2020: il convegno di EurActiv.it, venerdì, mira proprio a meglio attrezzarci per riuscirci.

Nessun commento:

Posta un commento