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mercoledì 4 settembre 2013

Siria: partono i missili, ma sono solo prove di guerra

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 04/09/2013

Hanno tutti i nervi tesi, nel Mediterraneo, di questi tempi. E quando il ministero della difesa russa ha indicato, ieri mattina, d’avere individuato il lancio di due missili balistici “verso la Costa Est”, c’è chi ha temuto il peggio. A chiarire le cose è poi stato il ministero della difesa israeliano, annunciando un test missilistico, condotto “con successo” in una esercitazione militare congiunta con gli Stati Uniti.

Il lancio del missile radar tipo Ankor, finito in mare, era previsto da tempo. Il test serve al premier Netanyahu per ricordare a “quanti pensano di attaccarci” che farlo non sarebbe “nel loro interesse”. Il Pentagono nega un legame tra lancio e crisi siriana, ma, nella regione, tutto si muove nell'ipotesi d’attacco a Damasco: l’Iraq schiera alla frontiera 30 mila uomini, mentre le truppe di al-Assad riconquistano postazioni ai ribelli sul fronte interno.

L’Onu fa sapere che oltre due milioni di siriani hanno lasciato il loro Paese (e 5 milioni le loro case) da quando infuria la guerra civile: una “calamità umanitaria”, con due bambini su cinque che non possono più andare a scuola. Una marea “destinata a crescere”, avverte l’Ue, che giudica “gestibile” finora il flusso migratorio.

Negli Usa, il presidente Obama raccoglie consensi in Congresso sull'idea di punire la Siria per l’uso di gas contro il proprio popolo il 21 agosto. Il leader dell’opposizione repubblicana John Bohner e numerosi altri esponenti conservatori, fra cui il suo avversario nelle elezioni 2008, John McCain, appoggiano i progetti del ‘comandante in capo’.

Dopo un consulto con senatori e deputati alla Casa Bianca, Obama ha fiducia nell’ok del Congresso al ricorso alla forza contro la Siria come rappresaglia. Il Congresso si riunirà lunedì 9: il presidente vuole un voto presto. Ma l’opinione pubblica è fredda: quasi la metà degli americani non vuole l’attacco, poco più di un quarto lo condivide.

Oggi, si riunisce a Parigi l’Assemblea nazionale francese: improbabile, ma non escluso, un voto. Preliminari di guerra tanto plateali potrebbero essere funzionali a sbloccare, al Vertice del G20, domani e venerdì, a San Pietroburgo, la ricerca d’una soluzione politica. Il presidente Hollande chiede lì un consulto europeo e sollecita “unità d’azione”, che la Merkel, contraria all'attacco, giudica “improbabile”.

L’Onu, i cui ispettori stilano il rapporto su quanto avvenuto il 21 agosto, invita ad aspettare. E papa Francesco  twitta un perentorio: “scoppi la pace”. Forse, preghiere e digiuni di sabato non saranno sufficienti di per sè, nonostante le adesioni fiocchino: politica, cultura, spettacolo, sport. Anche Federica Pellegrini rinuncerà per un giorno ai suoi pavesini.

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