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mercoledì 2 luglio 2014

MO: falchi di guerra sui funerali dei tre adolescenti uccisi

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/07/2014

“Riposa in pace, Naftali, figlio mio. Sentiremo sempre la tua voce nei nostri cuori”. E’ il saluto che Rachel Fraenkel, una madre ebrea, ha ieri dato al suo ragazzo di 16 anni, uno dei tre adolescenti rapiti e uccisi in Cisgiordania. Eyal aveva 19 anni, Gilad 16: è sua la voce che sussurra “Mi hanno rapito” in una telefonata alla polizia diffusa sul web, ma la cui autenticità non è confermata.

In Israele, è stata una giornata di dolore e rabbia: tutto il Paese ha idealmente partecipato ai funerali dei tre studenti, con il presidente Peres, ministri, politici, generali, tanta gente comune. Il premier Netanyahu ha trovato parole intense: “Un baratro morale ci separa dai nostri nemici. Loro celebrano la morte, noi la vita. Loro inneggiano alla crudeltà, noi alla pietà”.

Eyal, Gilad e Naftali frequentavano la scuola rabbinica: sono stati sepolti, l'uno accanto all'altro, nel cimitero di Modiin, una colonia ultra-ortodossa in CisGiordania, tra Tel Aviv e Gerusalemme, dove la tensione è altissima e centinaia di manifestanti hanno bloccato una via d’accesso. Un nuovo insediamento ebraico in Cisgiordania sarà intitolato alla memoria dei tre adolescenti uccisi.

Ci fu un tempo, peggiore di questo, che Israele viveva con frequenza drammi del genere e ne era quasi assuefatta. Adesso, l’eccezionalità dell’episodio ne acuisce il trauma. E le preghiere dei giusti, come la condanna unanime della diplomazia internazionale, non attenuano la frustrazione e non leniscono l’ansia di rivalsa.

I tre ragazzi erano scomparsi il 12 giugno. I loro cadaveri sono stati ritrovati lunedì, in un campo vicino a Hebron, non lontano dalla strada dove erano stati visti l’ultima volta mentre facevano l’autostop. Né il sequestro né l’uccisione sono stati finora rivendicati in modo convincente, ma Israele attribuisce la responsabilità della tragedia ad Hamas.

A caldo, il governo Netnayhau s’è però diviso sulla risposta militare e s’è per ora "limitato" a raid aerei notturni sulla Striscia di Gaza, colpendo tra lunedì e martedì 34 obiettivi, facendo alcuni feriti.

Due palestinesi sono rimasti uccisi in altrettante operazioni dell'esercito in Cisgiordania, uno a Jenin e l'altro a Hebron, ma non è chiaro se questi episodi vadano riferiti all’uccisione dei giovani. E sono già state rase al suolo le abitazioni di due presunti assassini, entrambi attivisti di Hamas: nella notte, tra rombi e sibili dei raid aerei, l'esercito è entrato a Hebron e ha demolito le loro case. Sono state queste le prime demolizioni 'punitive' attuate da Israele dal 2005.

I falchi della coalizione al governo chiedono azioni più dure. Il partito filo-coloni giudica troppo blandi i bombardamenti compiuto e prospettati e propone otto possibili azioni, alcune delle quali "estreme": operazioni su larga scala, la confisca dei beni di Hamas nelle banche della CisGiordania, l'introduzione della pena di morte.

Il governo deve ora decidere come procedere: modulare l’ampiezza della rappresaglia sulle pulsioni dell’opinione pubblica e gli inviti internazionali alla moderazione. Il rischio è quello di infiammare ulteriormente una Regione in fermento per l’avanzata degli jihadisti in Siria e in Iraq e di perdere l’ondata di simpatia e di solidarietà procurata a Israele dal triplice assassinio.

Hamas nega ogni responsabilità diretta, ma non ha misconosciuto sequestri e omicidi. E avverte Netanyahu che, “se lanciasse in una escalation militare, aprirebbe le porte dell’inferno”. Ma l’accordo di conciliazione recente tra Fatah e Hamas vacilla, mentre Gaza e i Territori avvertono l’eco degli appelli qaedisti alla Guerra Santa.

L’integralismo palestinese si ritrova più isolato e impotente che mai e, proprio per questo, i suoi colpi di coda possono essere tragici: la riconciliazione con Fatah doveva servire a sormontare difficoltà economiche e problemi sociali. Ma ora Gaza si sente abbandonata dal suo governo ed esposta alla ritorsione israeliana.

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