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sabato 5 luglio 2014

Nigeria: Eni connection, 50 anni di petrolio, affari, rischi

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 05/07/2014

La presenza dell’Eni in Nigeria è una storia vecchia di oltre 50 anni: comincia nel 1962, quando l’Agip avvia attività di esplorazione. Oggi l’Eni è presente nel Paese con un intreccio d’accordi e contratti ed è la quarta compagnia ‘locale’, dopo Shell, Exxon/Mobil e Chevron.

Nell’area del Delta, nel sud-est, dove si trovano pozzi e impianti, la situazione socio-politica richiede massima attenzione, per ammissione degli stessi dirigenti Eni, dal punto di vista del miglioramento delle condizioni di vita e di sicurezza, della salute e dell’istruzione.

Se nel nord-est il movimento integralista Boko Haram allarma l’opinione pubblica internazionale, con i raid contro le popolazioni cristiane, il sequestro di centinaia di studentesse e l’insediamento d’un califfato a cavallo delle frontiere –proprio ieri, i capi locali hanno chiesto protezione all’Onu-, nell’aerea del Delta –dice un esperto- “petrolio, gas e guerriglia creano una miscela esplosiva”.

A nord e a sud, l’inazione, l’inefficienza, la corruzione delle autorità e dell’esercito accrescono l’impressione di disordine. Senza contare l’epidemia di Ebola in atto, che va ampliandosi.

Secondo molti osservatori, le compagnie petrolifera tentano di mettere la sordina a quanto avviene nel sud-est, dai sequestri ricorrenti di personale (anche italiano) alle incursioni di miliziani contro piattaforme e oleodotti, mentre gli impianti sono presidiati da esercito regolare e squadre armate.

Nel Delta del Niger, l’attività delle multinazionali del petrolio provoca –dicono ambientalisti e difensori dei diritti umani- gravi danni. Le comunità locali sono appoggiate dal Mend -Movimento per l’emancipazione del Delta-e dal Mosop -Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni-.

La Nigeria, 8° produttore mondiale, ha dovuto ridurre la produzione d’un quinto, dopo una serie d’attacchi anche contro piattaforme offshore.

La Nigeria e gli altri fornitori africani cui l’Eni guarda con interesse, specie Angola e Mozambico, servono a ridurre la dipendenza energetica italiana da fornitori relativamente instabili, come Libia e pure Algeria nel Nord Africa o la Russia a Est.

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