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martedì 22 luglio 2014

MO: l'impotenza perfetta della diplomazia

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/07/2014 

Dall’ennesima cruenta crisi mediorientale, Super-Potenze e potenze regionali, vicini volenterosi e organizzazioni internazionali, girano tutti alla larga. Non perché chi tocca i fili muore, ché, a Gaza, a morire sono centinaia di palestinesi e decine di israeliani; e nessun aereo civile ne traversa il cielo, solcato da caccia israeliani e razzi palestinesi. In 14 giorni d’offensiva israeliana sulla Striscia, la conta delle vittime è di oltre 550 palestinesi uccisi, e oltre 3000 feriti, contro una ventina di militari israeliani caduti.

Girano alla larga perché, a occuparsene, non si cava un ragno dal buco e si rischia di collezionare magre diplomatiche. Salvo, poi, quando i buoi sono scappati –e gli israeliani hanno già raggiunto, almeno in parte, i loro obiettivi- precipitarsi sui luoghi. Dove, in queste ore, convergono Usa, Russia e Onu. E l’Ue? C’è, c’è stata, l’hanno vista da quelle parti. Ma il segno non l’ha lasciato.

Il presidente Obama spedisce al Cairo il segretario di Stato John Kerry per “una tregua immediata” a Gaza e in Israele: vuol dire stop alle operazioni di terra e ai raid e stop ai razzi. “La priorità nostra e della comunità internazionale –sostiene Obama, sempre bravo a parole- è un cessate-il-fuoco che salvi la vita a civili innocenti … Il compito non sarà semplice: c’è molta passione e ci sono grosse difficoltà strategiche, ma ho chiesto a Kerry di fare tutto il possibile”. E Obama rileva che Israele “ha già inflitto danni significativi alle infrastrutture terroristiche di Hamas a Gaza”. Cioè, “Netanyahu, hai già avuto quel che cercavi, ora basta”: il linguaggio più esplicito che gli Usa possono permettersi con Israele, che criticano solo ‘fuori onda’ –come fa Kerry, un infortunio che casca bene-.

Se Washington si muove, Mosca non può stare a guardare. Ecco dal Cremlino l’appello alla tregua e ad “un’azione concertata della comunità internazionale”. Il cui linguaggio è più schierato di quello della Casa Bianca: “La situazione a Gaza è letteralmente degenerata, dopo l’avvio dell’offensiva terrestre israeliana”. Mosca appoggia gli sforzi dell’Egitto, ma non c’è feeling tra Hamas e il regime del generale al Sisi, anche se fonti iraniane riferiscono di “significativi progressi” fatti nel Qatar, nei negoziati tra Fatah e Hamas sulla proposta di tregua egiziana.

All’Onu, il Consiglio di Sicurezza non va oltre “la grave preoccupazione” per il numero crescente delle vittime e il rinnovato appello “a cessare immediatamente le ostilità”, sulla base dell’accordo fra Israele e Hamas del novembre 2012. Il segretario generale Ban Ky-moon è in Medio Oriente, finora con scarso costrutto, anche sul fronte umanitario, nonostante “gli enormi bisogni” delle 83 mila persone rifugiatesi nelle strutture delle Nazioni Unite.

E l’Italia, che dal 1° luglio guida il Consiglio dell’Ue? La politica estera e di sicurezza europea è nelle mani di Lady Ashton, che non ha mai mostrato grande sintonia con le vicende mediorientali. Federica Mogherini, che aspira a succederle, è stata nella Regione e ieri ha ricevuto il collega turco Mevlüt Cavusoglu: c’è l’idea “d’un ripensamento generale del quadro mediorientale e mediterraneo e di un approccio globale” alle problematiche regionali –MO, ma anche Siria, Iraq, Libia- verso “soluzioni sistemiche” alle crisi di quello scacchiere.

La presidenza italiana progettava di lavorare sul contesto mediterraneo e, in particolare, sulla Libia, che resta una priorità della Farnesina e non solo. Il sussulto di guerra tra israeliani e palestinesi manda all’aria i piani. E l’equidistanza diplomatica fra israeliani e palestinesi suscita mal di pancia nel Pd, dove Gianni Cuperlo, in un post su Facebook, chiede spirito d’iniziativa alla segreteria, denuncia la ‘guerra asimmetrica’ e propone che se ne parli alle Feste dell’Unità. Non piovessero le bombe, a Gaza sorriderebbero.

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