Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/07/2014
Primitiva, barbara, disumana, scatta a Gerusalemme la legge
del taglione. Un giovane palestinese è stato sequestrato ed ucciso, ieri, all’alba,
con un atto di apparente rappresaglia, dopo il rapimento e l’assassinio nei
giorni scorsi di tre giovani israeliani, studenti di una scuola rabbinica.
Il governo israeliano è impegnato a individuare e punire i
colpevoli del triplice omicidio, di cui attribuisce la responsabilità ad Hamas.
E il presidente palestinese Abu Mazen intima a Israele d’identificare e
perseguire gli autori del crimine di Gerusalemme.
Mohammad Abu Khdeir, 16 anni, è stato sequestrato di prima
mattina nel quartiere di Beit Hanina, nella zona est. Qualche ora dopo, il suo
corpo, su cui erano evidenti “tracce di violenza”, è stato ritrovato nella zona
ovest. Il ragazzo era uscito di casa per andare a bere e recarsi poi alla
moschea, per la prima preghiera. Testimoni riferiscono di averlo visto spinto a
forza su un’auto nera, la stessa –pare- che era stata segnalata lunedì sera,
quando il suo autista aveva cercato di rapire un bimbo palestinese di 7 anni.
Mentre c’è chi pensa a farsi giustizia da solo, l’esercito
israeliano continua a cercare i sequestratori e assassini dei tre adolescenti
israeliani, rapiti il 12 giugno nei pressi di Hebron e ritrovati cadaveri,
nella stessa zona, lunedì scorso. Nella notte tra martedì e mercoledì, i
militari hanno arrestato oltre 40 palestinesi e hanno distrutto la casa d’un
elemento di Hamas accusato d’essere implicato nell’omicidio di un poliziotto
israeliano il 14 aprile in Cisgiordania.
E’ stata la seconda notte consecutiva che l’esercito israeliano
ha demolito case di palestinesi, come non accadeva più dal 2007. Invece, non si
ha più notizia di raid aerei e bombardamenti sulla Striscia di Gaza.
Per i media israeliani e palestinesi, non c’è dubbio che il
sequestro e l’assassinio di Gerusalemme sia stato un atto di rappresaglia. E
c’è il rischio di una catena di violenze e ritorsioni, nel clima già tesissimo
di questi giorni, mentre nei Territori è forte l’eco della Guerra Santa delle
milizie jihadiste tra Siria e Iraq.
Violenti scontri ci sono stati nel
quartiere di Beit Hanina: giovani palestinesi hanno tirato pietre e molotov,
poliziotti israeliani hanno risposto con pallottole di gomma. Fonti mediche
citate dall’Afp indicano che quasi 70 palestinesi sono stati feriti, tre dei
quali da veri proiettili.
Martedì, invece, erano stati circa 200 integralisti ebrei a
creare una sommossa, bloccando vie d’accesso a Gerusalemme. La polizia alza
ovunque il livello d’allerta, dopo avere già rafforzato gli effettivi su tutto
il territorio, per prevenire attentati o rappresaglie.
Abu Mazen chiede al governo israeliano “di punire gli
assassini, se vuole la pace fra i due popoli palestinese e israeliano”. E
sollecita “misure concrete” per “fermare
gli attacchi dei coloni e il caos che ne deriva”. Hamas, invece, assicura che i
leader israeliani pagheranno il fio di crimini commessi da “orde di coloni”, di
cui sono –dice- “direttamente responsabili”.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu condanna “questo
crimine abominevole”, che la polizia non mette in esplicita relazione con il
triplice omicidio nei Territori; invita gli inquirenti a scoprirne gli autori;
e chiede che “nessuno pensi di farsi giustizia da solo” -Israele è “uno Stato
di diritto”-.
Pure i partiti israeliani pro-coloni denunciano “l’atto di
odio sconvolgente”. E familiari degli
studenti rabbinici uccisi ammoniscono: “il sangue ha un solo colore. Un
omicidio è un omicidio, quale che sia la nazionalità o l’età della vittima, e
non può essere giustificato”.
Robert Serry, coordinatore dell’Onu per il
processo di pace in Medio Oriente –un processo che, oggi, appare
ineluttabilmente fermo-, invita le autorità israeliane e palestinesi “a fare di
tutto per evitare di esacerbare un’atmosfera già tesa”.
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