Il mondo ha di nuovo due gendarmi. Uno buono, che da sei anni s’arrovella per fare le cose giuste – spesso, senza riuscirci - e non se lo fila più nessuno. E uno cattivo, che azzecca le cose sbagliate e, dopo cinque anni di castigo, fa paura a tutti. Il primo è Obama: si presenta al G20 con un assegno da tre miliardi di dollari al fondo dell’Onu per i Paesi più esposti ai cambiamenti climatici e manco ci s’accorge che ci sia. Il secondo è Putin: arriva a Brisbane con il biglietto da visita di aerei da guerra che sorvolano Ucraina e Paesi della Nato e che potrebbero tornare a volare sul Golfo del Messico –come al tempo della crisi dei missili a Cuba-; e con la scorta di quattro navi da guerra nel Golfo del Queensland. Snobba pure la richiesta di chiarimenti dei padroni di casa, e presidenti di turno dell’incontro, sull’aereo di linea malese abbattuto sull’Ucraina dai ribelli filo-russi –a bordo, molti gli australiani-. Che il personaggio del G20 sia Putin, e non Obama, lo conferma il fatto che tutti vogliono fare sapere che lo incontreranno: il premier Renzi lo vede in una pausa dei lavori, alle 13 locali; ed anche la cancelliera Merkel ha un bilaterale. Vladi e Barack si sono già visti al Vertice dell’Apec, a Pechino, all’inizio della settimana: una pacca sulle spalle a 0 per il russo, l’americano ammaccato. Il mondo alla rovescia!
Clima: dopo patto con Cina, Obama sborsa tre miliardi
A margine del G20 di Brisbane, in un incontro con sostenitori o donatori coinvolti nel Green Climate Fund dell'Onu, che si riunirà a Berlino il 20 novembre, il presidente Usa Barack Obama ufficializza l’annuncio dello stanziamento di tre miliardi di dollari a favore del Fondo. Obama è arrivato in Australia dal Myanmar dopo avere partecipato a Pechino al Vertice dell’Apec, l’Associazione fra i Paesi del Pacifico per la cooperazione economica: una settimana ‘in trasferta’, lontano dalle ammaccature delle elezioni di Mid-term. A Pechino, Obama aveva firmato un accordo con il presidente cinese Xi Jinping, per frenare le emissioni di gas ad effetto serra. Il rinnovato impegno Usa sulla lotta al cambiamento climatico minaccia di sconvolgere l'agenda del G20 dichiarata dalla presidenza australiana e di lasciare isolato il premier Tony Abbott, che è scettico sulle cause umane del surriscaldamento. Ma anche Obama deve ancora ottenere dal Congresso l’ok al contributo straordinario, che non è affatto scontato adesso che i repubblicani controllano Camera e Senato.
Immigrazione: Obama, vado avanti; e destra minaccia shutdown
(ANSA) Il presidente
Usa Barack Obama conferma che sulla riforma dell'immigrazione andrà avanti da
solo, senza il Congresso e bypassando i repubblicani. Lo fa dalla Birmania,
commentando le voci sul suo piano che dovrebbe essere varato al ritorno dal G20
in Australia. "I repubblicani –dice- hanno ora la maggioranza e, dunque,
la capacità di riformare il sistema dell’immigrazione. Non hanno, invece, la
capacità di tenermi fermo all'infinito di fronte a un sistema che non funziona
più”. Per il presidente, la riforma dell'immigrazione "è una cosa che va
fatta subito, che non può più aspettare. E' un dovere. Ne abbiamo parlato per
dieci anni, ora basta". La bozza di decreto è già pronta, e prevede la regolarizzazione
di milioni di irregolari a cui verrebbe dato un permesso di soggiorno e di
lavoro, ponendo fine ai rimpatri forzati. E nonostante le parole di fuoco dei
leader repubblicani del Congresso, la destra sarebbe divisa su che tipo di
risposta dare alla mossa della Casa Bianca. Per alcuni - scrive il Washington
Post - la strada giusta è quella di combattere il piano di Obama in Congresso,
e di sfruttare la maggioranza che i repubblicani hanno ottenuto sia alla Camera
che al Senato per apportare significativi cambiamenti alla nuova legislazione.
Per altri, l'ala più conservatrice del partito (il Tea Party), si dovrà contrastare
il decreto Obama bloccando il governo con un nuovo shutdown. Una nuova paralisi
delle istituzioni federali fino a che il presidente non ceda. (ANSA).
Nessun commento:
Posta un commento