Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano lo 08/11/2014
Il giornalismo ad
orologeria dell’opportunismo euro-scettico scatta puntuale con il LuxLeaks, lo
scandalo che punta contro il nuovo presidente della Commissione europea
Jean-Claude Juncker. L’accusa: essere stato premier del Lussemburgo per 18 anni
ed avere applicato, a vantaggio del proprio Paese, le leggi del proprio Paese,
per altro legittime nell’Ue. Come lo sono quelle, non molto diverse,
dell’Olanda e dell’Irlanda, tanto per dirne due.
La miccia è
britannica, la benzina italiana, nel segno della nuova blasfema Alleanza tra
Cameron e Renzi – Cameron, del resto, l’ha subito abiurata, negando, unico fra
i 28, il benché minimo sostegno britannico alla nuova operazione europea Tryton
di pattugliamento navale delle frontiere mediterranee-.
Ma c’era forse qualcuno
che ignorava, A) quando i leader del Ppe scelsero Juncker come candidato alla
presidenza della Commissione, B) quando la maggioranza relativa dei cittadini
europei andati a votare in maggio diedero il loro consenso ai partiti che lo
appoggiavano, C) quando i leader del Pse decisero di sostenerlo barattando la
presidenza della Commissione con l’Alto Rappresentante della politica estera e
di sicurezza europea –donde Federica Mogherini, D) quando il Parlamento europeo
ne votò l’investitura a larghissima maggioranza, popolari, socialisti, liberali
e altri, larghe intese europee; c’era mai qualcuno che ignorava che Juncker
fosse stato premier lussemburghese per 18 anni?, e presidente dell’Eurogruppo
per sette anni? E c’era mai qualcuno che ignorava che cosa fosse, dal punto di
vista fiscale, il GranDucato, l’Alfieri direbbe “un’universal banca”?
Paiono tutti
angioletti, adesso. Nonostante proprio ora il segreto bancario e altri simili
ammenicoli abbiano i giorni contati nell’Unione europea. Almeno, il governo
britannico, a Juncker gli ha votato contro. Ma l’italiano, no: lo ha appoggiato
e ci racconta pure che la “nuova Europa” comincerà dal piano di investimenti da
300 miliardi di euro in cinque anni della Commissione Juncker. Eppure, ci
voleva davvero coraggio a fare passare per ‘homo novus’ un politico così
esperto e moderato: andatevi a rileggere, su questo blog, se vi torna utile, le
cronache dei dibattiti fra i candidati alla presidenza della Commissione per
ricordarvi che Juncker è meno europeista di Guy Verhofstadt, meno idealista di
Alexis Tsipras e meno ‘pro crescita ed occupazione’ di Martin Schulz.
Ma non per questo
merita una gogna mediatica. Poi sono cominciati gli screzi. Forse non c'entra
nulla, ma i siluri anti-Juncker partono dopo che l’Esecutivo di Bruxelles ha
presentato ai governi dell’Ue il conto del nuovo computo del Pil, quello che
include sommerso ed alcune attività dell’economia illegale.
L’Italia lo attendeva
con ansia: pensava di guadagnarci, nel computo della percentuale del debito.
Invece, i guadagni sono stati marginali, mentre la Commissione batte cassa:
Roma, come Londra e altre capitali, deve versare nelle casse di Bruxelles la
differenza fra i contributi al bilancio comunitario calcolati con il metodo
precedente e quelli calcolati con il nuovo metodo; mentre molte capitali, fra
cui Berlino e Parigi, hanno pagato di più e hanno diritto a rimborsi.
Apriti cielo! Londra
dice “Non pago”; Roma, che pure era favorevole al cambio di computo,
recalcitra. E, intanto, parte la macchina del fango su Juncker. Scommettiamo
che presto qualcuno tirerà fuori che non c’è mai stata peggior jattura nella
storia della Commissione europea che un lussemburghese alla presidenza: dal
1980 all’ ’84, il liberale Gaston Thorn concise col periodo più moscio della
storia dell’integrazione: e nel 1999, il popolare Jacques Santer dovette
dimettersi in anticipo con tutto l’Esecutivo per storie di corruzione. Ma,
anche questo, lo scopriamo ora?
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