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giovedì 6 novembre 2014

Usa: Mid-term, l'America volta pagina e cambia agenda

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/11. Altre versioni su Metro dello 06/11 e sul mio blog GpNewsUsa2016.eu

L’America volta pagina e cambia agenda. Ma le pagine della nuova potrebbero restare tutte bianche se gli Stati Uniti del prossimo biennio non saranno governata, ma vivranno un ‘muro contro muro’ tra l’Amministrazione democratica e il Congresso repubblicano: le iniziative della Casa Bianca bloccate in Campidoglio; e il veto del presidente apposto sulle leggi parlamentari.

La prospettiva non spaventa Wall Street, che festeggia il successo dei conservatori, dopo averne abbondantemente foraggiato le campagne. Anche perché nessuno crede davvero che l’America resterà paralizzata, in attesa delle presidenziali 2016.

Non è interesse di nessuno: né dell’Amministrazione democratica, che non vorrà certo andarsene con un bilancio fallimentare; né dell’opposizione repubblicana, che non vorrà presentarsi alle urne, nell'appuntamento più importante, con la nomea di ‘Mr No. Nel 2016, si va verso un’alternanza di colore –sicuro- e di genere –forse-, non necessariamente di partito.

La sconfitta dei democratici era annunciata, ma è persino più larga del previsto. I repubblicani, che già controllavano la Camera, conquistano la maggioranza anche al Senato, facendo razzia dei seggi in bilico. Un successo che può provocare deliri di onnipotenza: Ted Cruz, uno da Tea Party, possibile aspirante alla nomination 2016, esprime propositi bellicosi, “Cancelleremo l’obbrobrio della riforma sanitaria”.

Ma quella del voto di Mid-term è un’America ‘bipolare’. Elegge i candidati conservatori (e boccia l’Amministrazione democratica del presidente Obama, nonostante la crescita dell’economia e il calo della disoccupazione). Però, anche negli Stati più rossi, cioè più repubblicani, passano referendum per la marijuana libera, l’aborto, le unioni omosessuali, l’aumento del salario minimo. Come se politica e società siano, in parte, dissociate.

E, di questo, l’agenda del prossimo biennio dovrà tenere conto. In economia, tutti concordi, almeno in linea di massima: non intralciare la ripresa, anzi cercare di fare sentire i benefici alla classe media –una delle colpe di Obama è non esserci riuscito-. Sulle riforme, improbabile che vada avanti quella dell’immigrazione, ma difficile –nonostante le parole di Cruz- che venga cancellata quella sanitaria, che inizia a funzionare e di cui si cominciano ad avvertire i benefici.

Sui temi dei diritti civili, la nuova frontiera del secondo mandato del presidente Obama, l’attenzione dell’opinione pubblica è alta. Se vogliono avere una chance di riprendersi la Casa Bianca nel 2016, i repubblicani non devono arroccarsi sulle posizioni ultra-tradizionali della loro destra.

Le relazioni internazionali, dove il Senato ha potere, sono un terreno minato. Meno protezionismo, forse, sul fronte commerciale, ma anche più diffidenza verso la Cina e le potenze economiche emergenti. E tentazioni d’interventismo nelle crisi: muso duro con la Russia di Putin; più vicinanza con Israele. Ma le truppe lasceranno l’Afghanistan entro fine anno; e non torneranno in Iraq, contro il Califfato, a meno che Obama non rinneghi se stesso.

Per il presidente, si profila una conclusione del doppio mandato complicata: ha davanti il periodo più difficile alla Casa Bianca, due anni daanatra zoppa’, un incubo che hanno già sperimentato, prima di lui, solo Eisenhower, Reagan, Clinton e Bush II–tre degli ultimi quattro presidenti-.

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