Prima, prende
cappello per le critiche che i leader occidentali, specie gli anglosassoni, gli
rivolgono sull’Ucraina e minaccia di andarsene. Poi, fa sapere che resterà fino
alla fine. Vladimir Putin offre, al G20, un remake del ‘caso Giscard d’Estaing’:
nel 1980, a un Vertice europeo in Lussemburgo, l’allora presidente francese,
irritato dalla premier britannica Margaret Thatcher, che non la smetteva di
ripetere ‘Voglio indietro i miei soldi’, ordinò teatralmente di fargli
preparare l’auto perché intendeva andarsene. La vettura del presidente restò
ferma, con il motore acceso, davanti all’ingresso del palazzo, finché i lavori
non si conclusero senza che la Thatcher la spuntasse: Giscard vinse quel set,
anche se, quattro anni dopo, il match fu della ‘Lady di Ferro’.
A Brisbane, dove il
G20 si chiude oggi, non è chiaro chi sia il vincitore, in sostanza, E la
partita dell’Ucraina è ancora aperta a tutti i risultati. Ma il presidente
russo ha certamente avuto il massimo dell’attenzione mediatica, complice la precipitosità
di alcune agenzie di stampa a darlo per partito. Irritato da Obama e dal
canadese Harper, messo alle strette pure da altri, Putin ipotizza di piantare
tutti in asso. Ma il portavoce del Cremlino, Peskov, mette uno stop alle
illazioni: "Il presidente partirà quando tutti i lavori saranno
terminati" (potrebbe saltare il pranzo di chiusura). Per Peskov, "di
sanzioni si discute in tutti gli incontri bilaterali, ma nessuno mette
pressioni". I russi, però, ripetono che le sanzioni rischiano di fare più
male all’Ucraina e all’Ue che a loro stessi.
L’episodio, però, conferma
che il G20 è stato precipitato in un clima di guerra fredda, nonostante la
manfrina del chiamarsi per nome per sembrare amici: americani e britannici,
australiani e canadesi moltiplicano le accuse alla Russia per la crisi ucraina.
E l’atteggiamento di Putin la vigilia, sprezzante e aggressivo, non
contribuisce certo a ridurre la tensione. “Minaccia per il mondo”, ricerca
“della gloria dello zarismo perduta”, “aggressore di Paesi più piccoli”, gli
interlocutori non ci vanno giù leggeri. Harper, incontrando Putin, lo apostrofa
di brutto: “Le do la mano, ma ho una sola cosa da dirle, andatevene dall’Ucraina”.
Da giorni, la Nato conferma che, come sostiene Kiev, la Russia avrebbe
schierato uomini e mezzi nei territori controllati dai ribelli separatisti; Mosca
lo nega aspramente.
Nella prima giornata
del G20, conclusa da una cena di gala, Putin ha avuto diversi incontri, anche
con leader europei, la Merkel, Hollande –non s’è parlato della consegna delle
due navi da guerra della classe Mistral-, Cameron –obiettivo, mancato,
migliorare i rapporti bilaterali-. La percezione dei colloqui cambia, a seconda
che le fonti siano russe –più inclini a sdrammatizzare- o occidentali –più
inclini a sottolineare la fermezza verso il Cremlino-.
Pure Renzi vede
Putin, che lo invita a Mosca. Il premier ha scambi di battute con l’indiano
Modi - sui marò, nulla di concreto – e con Obama. Ne esce la solita leggenda
dell’asse su crescita e investimenti: Renzi fa l’avvocato del cambio di passo
dell’Ue, lui che rappresenta l’unico Paese in recessione fra i 20 Grandi.
Il numero di Putin ha
di fatto eclissato gli altri aspetti della prima giornata del Vertice, sul
rilancio dell’economia, la lotta contro il riscaldamento globale e
“l’eradicazione” di Ebola. Numerose, ma assolutamente pacifiche, le manifestazioni
di protesta. E’ stato Obama a mettere il clima al centro del dibattito, ignorando
le reticenze del presidente di turno, l’australiano Abbott: forte dell’accordo
per la riduzione delle emissioni raggiunto in settimana con la Cina, ha sfidato
a un analogo impegno gli altri leader. Europei e australiani vogliono parlare
di crescita, mandare una ventata d’ottimismo che Obama mitiga: “Non aspettatevi
che gli Usa si carichino sulle spalle l’economia mondiale”.
Nessun commento:
Posta un commento