Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 09/07/2016
La questione razziale è riesplosa negli
Stati Uniti. Come quasi tutte le estati? No, peggio. Molto peggio. A Dallas, la
città dell’agguato assassino al presidente John F. Kennedy, c’è stata una
strage di poliziotti: cinque agenti sono stati uccisi e sette sono rimasti
feriti – fra di loro, due donne -, insieme a due civili, quando almeno un uomo
ha aperto il fuoco selezionando con cura gli obiettivi, durante una
manifestazione contro gli abusi della polizia sui cittadini afro-americani.
E’ la strage di poliziotti più grave
verificatasi negli Stati Uniti dopo gli attacchi terroristici dell’11 Settembre
2001, in cui morirono centinaia di uomini in divisa e vigili del fuoco:
l’America ritrova le bandiere a mezz’asta in segno di lutto sulla Casa Bianca e
sui principali edifici pubblici federali e statali; Wall Street s’è fermata per
un minuto di silenzio. Una vittima, Patrick Zamarripa, 32 anni, era
sopravvissuto a tre missioni in Iraq.
La polizia ha individuato e ucciso un
giovane nero, Micah Johnson, 25 anni: viveva a Mesquite, nell’area di Dallas, era
incensurato e non apparteneva – dicono gli inquirenti - a gruppi terroristici; s’era
arruolato nel 2009 ed aveva prestato servizio in Afghanistan; ora era nella
riserva e voleva – dicono sempre gli inquirenti - uccidere dei bianchi, in
particolare dei poliziotti. Finora non sono emersi suoi contatti con il
terrorismo internazionale, né vi sono state rivendicazioni ‘utilitaristiche’ da
parte del sedicente Stato islamico.
Altre tre persone, fra cui una donna, sono
state fermate e non starebbero collaborando. Una quarta è stata rilasciata dopo
essere risultata estranea agli eventi; andava in giro con un mitra a tracolla, ma in Texas è lecito. In serata, circolava l’ipotesi che Johnson
abbia agito da solo: le autopsie e l’analisi delle traiettorie dei proiettili
potranno avvalorare o meno questa tesi.
Venerdì sera, nella città texana, come in
molti altri centri dell’Unione, le comunità afro-americane avevano portato per
le strade, in corteo, la loro rabbia per gli ultimi due gratuiti omicidi
commessi da agenti bianchi ai danni di giovani neri, in Louisiana e in
Minnesota, e documentati da video che gelano il sangue.
Non è la prima volta che le proteste dei
neri degenerano in incidenti, anche violenti. Due anni fa, a Ferguson, nel
Missouri, ci fu chi riferì di spari contro la polizia – un episodio mai
chiarito -. Nel dicembre del 2014 due poliziotti furono uccisi in un agguato a
New York. Ma, questa volta, pareva ci fosse un piano preordinato: gli
inquirenti partivano dall'ipotesi che persone armate – s’ignora quante –
avessero condotto l'attacco, appostandosi in postazioni vicino al punto
d'arrivo del tragitto dei manifestanti. Ma lo stesso effetto potrebbero averlo
ottenuto un singolo cecchino in movimento.
Johnson, che si era nascosto in un garage
in centro città, non lontano dal luogo della sparatoria, è stato ucciso da un ‘robot
killer’ carico di esplosivo e utilizzato per la prima volta dalla polizia–
secondo altre fonti, l’uomo si sarebbe suicidato, ma la circostanza è smentita
dagli inquirenti -: prima d’essere soppresso, il giovane aveva detto d’avere
sistemato cariche esplosive in tutta la città, innescando controlli a tappeto,
anche con cani anti-esplosivo, e un allarme generale, con la chiusura di tutto
il centro storico.
Nella giornata di venerdì, c’è stato un
falso allarme sul Campidoglio di Washington, dove sorge il Congresso degli
Stati Uniti. E ad Atlanta, in Georgia, un uomo ha sparato a un poliziotto,
rimasto fortunatamente illeso.
La sparatoria di Dallas è cominciata
intorno alle 20:45 ora locale, le 04.45 del mattino in Italia: centinaia di
manifestanti protestavano contro la brutalità e l’impreparazione della polizia,
testimoniata dai video, nei due episodi di questa settimana. Con gli spari, una
cinquantina in tutto, s’è innescato un fuggi fuggi: tutti cercavano di mettersi
al riparo, non capendo da dove venivano i tiri. Testimoni riferiscono di avere
avuto la sensazione d’essere presi di mira da diverse parti; e agenti parlano
di un attacco “stile agguato”.
Parlando da Varsavia, dove partecipa al
vertice della Nato, il presidente Barack Obama ha definito l'attacco
"odioso, premeditato e ignobile" e ha promesso giustizia per questa
"tremenda tragedia". Gli altri leader gli hanno espresso le loro
condoglianze: “Insieme – parole di Renzi - combattiamo l’odio e il disprezzo”. Il
capo dell’Onu Ban Ki-moon ha condannato la “violenza ingiustificabile”.
Per Obama, "la violenza contro le
forze dell'ordine non può mai essere giustificata". E i movimenti neri
organizzatori delle proteste nell’Unione condannano l’agguato di Dallas.
Ma poche ore prima, commentano i fatti
precedenti, Obama aveva affrontato il tema della violenza della polizia contro
i neri: "C'è chi sente di non essere trattato in modo uguale per il colore
della pelle. Non è una questione bianca, o una questione ispanica, è una
questione americana". La polizia ha ucciso, nel solo 2016, oltre 500
persone negli Stati Uniti.
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