Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 26/07/2016, parzialmente utilizzando articolo de Il Fatto Quotidiano del 26/07/2016
Alla fine, la
bomba delle mail di partito pro-Hillary s’è rivelata un petardo bagnato: dopo
72 ore tese e polemiche, Bernie Sanders e Elizabeth Warren, le anime
democratiche di sinistra e liberal, danno il loro appoggio alla vincitrice
delle primarie, Hillary Clinton, che – dice Sanders, il suo rivale - sarà “un
grande presidente”. L’appoggio più forte alla ex first lady viene dall’attuale first
lady, Michelle Obama: “Questa volta, sono con lei”, dice la moglie dell’uomo
che, otto anni or sono, sbarrò alla Clinton la nomination. “La sua elezione
sarà molto importante per le mie figlie, per le nostre figlie”.
Esaurite le
turbolenze della vigilia, la convention democratica parte come vuole il copione,
nel segno del tutti con Hillary, ma, soprattutto, del tutti contro Trump.
Sanders, che affronta gli irriducibili fra i suoi sostenitori, sta “con la
Clinton per battere quel bullo di Trump”.
L’Fbi,
intanto, indaga sul furto delle quasi 20mila mail pubblicate da Wikileaks e che
hanno creato imbarazzi fra i notabili democratici, fino alle dimissioni della
presidente nazionale Debbie Wasserman-Schulz, che non è neppure salita sul palco della
convention. I portavoce del partito e della Clinton negano che il risultato
delle primarie sia stato manipolato, mentre ipotizzano una manovra da intrigo
internazionale: la fuga delle mail sarebbe stata orchestrata da Vladimir Putin
per favorire il suo amico Donald Trump. Voci da fantapolitica dove illazioni e
smentite, che arrivano puntuali e drastiche, hanno la stessa credibilità: zero.
Sanders, che
con la Warren è già riuscito a lasciare il segno sulla piattaforma elettorale
democratica su temi a lui cari come l’accesso all’Università e la sanità,
incontra, prima dell’inizio dei lavori, i suoi delegati e fa chiarezza: "Dobbiamo
sconfiggere quel demagogo di Trump. Dobbiamo eleggere Hillary Clinton e Tim
Kaine". I ‘sanderistas’ sono delusi: accolgono l’appello con ululati,
protestano, s’indignano. Sanders li fa sfogare, poi chiede, con un gesto della
mano, d’abbassare i torni della contestazione. Che s’acqueta e finisce lì.
A
Filadelfia, Hillary riceve pure l’appoggio ‘a remoto’ dell'ex vice presidente di suo marito Al Gore,
candidato democratico a Usa 2000: "Non mi è possibile essere alla convention,
ma voterò per la Clinton", scrive su tweet il Nobel per la Pace Gore che
fino a questo momento non s’era espresso sulla corsa per la Casa Bianca.
"Data la sua preparazione ed esperienza e alla luce delle importanti sfide
che la nostra nazione e il mondo si trovano ad affrontare - aggiunge -,
compresa la crisi globale del clima, incoraggio tutti a fare lo stesso".
La
convention, che si chiuderà giovedì 28, è stata aperta ieri sera dai discorsi di
Michelle, della Warren e di Sanders. Tutti si sono posti il problema di
realizzare un'economia che funzioni per la maggior parte dei cittadini e non
solo per la minoranza già benestante.
Alla
kermesse di Filadelfia, Hillary si presenta per la prima volta ‘sotto’ rispetto
a Trump in un sondaggio nazionale: 45 a 48%, secondo un rilevamento Cnn/Orc. Il
dato è però influenzato dalla convention repubblicana della scorsa settimana e
dall’altissima copertura mediatica che tra polemiche e acclamazioni ha avuto il
ticket repubblicano Trump/Pence. Preoccupa, magari, di più Hillary il fatto che
due americani su tre non la considerano né onesta né affidabile. E fa rumore
sul web un post del regista progressista, e ‘sanderista’, Michael Moore, che
elenca cinque motivi, non buoni, ma validi, per cui Trump può diventare
presidente. E desta pure malumori la presenza pervasiva a Filadelfia di banche
e finanza.
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