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domenica 4 maggio 2014

Ucraina: Kiev e Mosca s'accusano, guerra per procura

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 04/05/2014

L’Ucraina s’impantana in una sorta di moviola di guerra civile, capace però di fare decine di vittime in un sol giorno, venerdì. E, intanto, la diplomazia internazionale non sa far di meglio che esercitare la proprietà transitiva dello scaricabarile delle responsabilità. Gli Usa chiedono a Kiev e a Mosca di dare prova di moderazione e di “ristabilire l’ordine”; Lavrov chiede a Kerry di indurre Kiev a ragionare ed a bloccare il blitz contro i filo-russi; Washington replica, chiedendo a Mosca di smetterla di sostenere i separatisti; e l’Ue chiude un’indagine sugli incidenti e l’incendio che a Odessa hanno fatto oltre 40 morti –è stata la pagina più cruenta di questa crisi, dopo il 21 febbraio nelle piazze della capitale-.

Sul terreno, la situazione resta sostanzialmente bloccata, mentre s’intrecciano voci, senza prove a sostegno, di reciproche connivenze: c’è chi giura che le milizie ribelli sono non solo armate dalla Russia con strumenti di guerra moderni, come i missili capaci di abbattere gli elicotteri, ma sono innervate da veri e propri militari russi, accanto ai volontari ucraini; e c’è chi dice che occidentali, magari mercenari, combattono con gli ucraini, come già s’era sostenuto, senza conferma, nei giorni dell’insurrezione a Kiev. Una guerra, insomma, combattuta anche per procura, nell’intreccio tra patriottismi e interessi.

Il tutto sulla soglia di una settimana che minaccia di spingere la tensione al parossismo. Il 9 maggio, Putin vuole celebrare la festa della vittoria dell’Urss sul nazismo nella Seconda Guerra Mondiale in Crimea, rafforzando il senso di appartenenza alla Russia della penisola già annessa. L’11 maggio, è in programma il referendum indetto dagli indipendentisti filo-russi nell’Est dell’Ucraina. Aleatorio, oggi, prevederne l’impatto, in termini di affluenza alle urne, e la credibilità dei risultati, nel contesto di guerra creatosi. Ma se il referendum potrà essere una farsa –in Crimea, a marzo, non lo fu-, neppure le elezioni ucraine del 25 maggio s’annunciano molto più credibili, su questo sfondo. Tant’è che Mosca mette le mani avanti e denuncia l’assurdità della consultazione.

La novità del giorno è, comunque, positiva: gli osservatori dell’Osce, trattenuti a Slavyansk, una delle roccaforti dell’insurrezione filo-russa, per otto giorni, vengono liberati all’alba, apparentemente senza contropartite –del resto, i ribelli non li avevano mai definiti ostaggi-. Chiave di volta dello sblocco della situazione, l’intervento d’un emissario di Putin, Vladimir Lukin.

Unanime la soddisfazione per l’esito incruento di questa vicenda, che Onu, Usa, Nato e Ue vedono come un primo passo per ulteriori progressi verso un raffreddamento della tensione. Dall’Italia, echi contraddittori: Berlusconi, l’amico di Putin, denuncia “l’ignavia dell’Europa” e teme una crisi dei rapporti con la Russia; il ministro degli Esteri Mogherini spera in una ‘de-escalation’ e nel ritorno alle intese di Ginevra.

Kramatorsk, un avamposto filo-russo a 17 km da Slaviansk, è stato l’epicentro degli scontri sabato, con una decina di caduti dalla due parti, mentre a Lougarsk è stato proclamato il coprifuoco. L’operazione ‘anti-terrorismo’ delle forze ucraine, lanciata venerdì mattina, mira a stringere d’assedio i capisaldi dei ribelli. Ma i regolari esitano a ingaggiare battaglia con le milizie, che hanno il sostegno della popolazione locale.

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