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martedì 6 maggio 2014

Ucraina: torna lo spettro delle guerre da dottor Stranamore

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/05/2014

Le vie della guerra sono più numerose di quelle della pace. E sono, spesso, più facili da imboccare. Non c’è quasi mai una buona ragione per fare la guerra, ma trovarne una è quasi sempre semplice. E così, nella crisi ucraina, quello che all’inizio pareva impossibile diventa, con il passare dei giorni e l’acuirsi delle tensioni, un rischio concreto di conflitto aperto.

In questo contesto, il traccheggiare dell’Unione, che sta con Kiev, ma non vuole mettersi contro Mosca, può rappresentare, invece che un calmiere, un fattore d’incertezza e, quindi, d’insicurezza: diventa elemento conflittuale anche l’annuncio di per sé anodino di un incontro, martedì prossimo 13 maggio, tra la Commissione europea e il Governo ucraino.

Persino le parole un po’ azzardate del ministro della difesa italiano Roberta Pinotti, che non scarta l’ipotesi di truppe italiane in territorio ucraino, sia pure in un ruolo da peace-keepers, danno la stura a prospettive finora bandite di ricorso della forza, comunque urticanti per la Russia, sotto qualsiasi egida di organizzazione internazionale si vogliano porre, l’Onu, o l’Osce, o men che mai la Nato.

Mosca chiede una risposta internazionale alla crisi ucraina "senza partiti presi", lasciando balenare, in caso contrario, "conseguenze distruttive per la pace, la stabilità e lo sviluppo democratico dell'Europa". Sta scritto nel Libro Bianco del ministero degli esteri russo, che denuncia violazioni dei diritti umani da parte "delle forze ultranazionaliste, estremiste e neonaziste" ucraine, quelle, cioè, per i russi, attualmente al potere a Kiev.

Il documento cita numerosi episodi di violazione dei diritti umani tra fine novembre e fine marzo, traendo le informazioni da media russi, ucraini, occidentali, dichiarazioni ufficiali e testimonianze oculari, interviste in loco da parte di ong russe. Del resto, molti, anche in Occidente, avevano preso le distanze da alcune frange dell’opposizione ucraina, prima del rovesciamento a febbraio del legittimo presidente Yanukovich.

Il Libro Bianco può offrire margini a una pretesa legittimazione di un intervento militare russo, che potrebbe pure poggiarsi sulle intese intercorse tra gli Stati dell’ex Urss, all’epoca della creazione della Csi, la Confederazione degli Stati indipendenti. Dall’altra parte, un intervento occidentale non potrebbe che poggiare su una risoluzione dell’Onu, dove la Russia ha diritto di veto, a meno che Mosca non offra alla Nato un pretesto per invocare una minaccia alla sicurezza di uno o più Paesi dell’Alleanza. Ma restano alternative da dottor Stranamore.

Però, a Belgrado, il presidente della Duma Serguiei Narishkin evoca l’esigenza di "salvare il mondo da nuovi conflitti sanguinosi basandosi sulle lezioni della storia": "Quelli che non hanno imparato le lezioni delle guerre mondiali non rispettano neanche i diritti umani", dice. Per Narishkin, i russofoni d'Ucraina sono sotto l’attacco di "elementi radicali che deformano la storia, e innalzano monumenti ai nazisti... I radicali a Kiev hanno messo in atto un putsch e ora minacciano la popolazione dell'Ucraina sudorientale".

Sul terreno i movimenti sono ridotti e i combattimenti si riducono a scaramucce intorno a Slavyansk, che pure fanno una manciata di vittime –e i ribelli abbattono di nuovo un elicottero dei regolari-. Intanto, òla diplomazia internazionale prova a riaprire la via di Ginevra, dopo il tracollo delle intese del 17 aprile. La Germania pensa a un nuovo incontro, sempre a Ginevra. E il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon offre la propria mediazione: in una dichiarazione all’Afp, dice di essere pronto “a giocare un ruolo, se necessario”; e intanto invia un proprio emissario a Mosca e a Kiev, con il mandato di sondare la possibilità di un ritorno agli accordi di Ginevra, o in subordine di un ritorno al tavolo negoziale.

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