Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano il 24/05/2014
Sono giorni che vado in giro portando appuntata sul bavero
della giacca una spilla con su scritto ‘Io voto, elezioni europee, 22/25 maggio 2014’ . La spilla, vistosa non
per i colori - nero e grigio, allegri come l’Unione della crisi-, ma per le
dimensioni, m’è finora valsa qualche domanda imbarazzante e molti sguardi tra
il commiserevole e l’astioso. E non mi ha molto aiutato a risolvere i miei
dubbi, perché le scelte europee paiono essere tante, ma, in Italia, rischiano
di ridursi da cinque a due. Ho ancora modo di pensarci, mentre altrove nell’Ue
già s’è votato o si sta votando.
Andiamo con ordine. La spilla innesca una domanda che, in
realtà, imbarazza chi la fa, non me: “Quali elezioni?, per che cosa si vota?”.
Gli sguardi, invece, vengono da euro-scettici: sansepolcristi o dell’ultim’ora,
se ne trovano in giro un sacco di questi tempi, in tv o nelle piazze. Anzi,
difficile è trovare europeisti che si dichiarino.
Quegli sguardi sottintendono: “Ecco uno che vota per l’euro
e il rigore, per l’Europa delle banche e ‘alla tedesca’, per l’eurocrazia e la
burocrazia”. Invece di vedere uno che vota per la solidarietà, l’accoglienza,
la crescita, il lavoro, anche per l’euro certo.
E per la pace e la libertà, che l’integrazione ha consolidato e
allargato; magari pure, da giornalista, per il pluralismo dei media, visto che
c’è un’Iniziativa dei cittadini in atto che lo promuove a livello europeo.
Fin qui, ho le spalle larghe: un voto in più, anche
euro-critico o euro-scettico, rafforzerà l’Unione, ne sono convinto, accrescendo
la legittimità democratica del nuovo Parlamento europeo e, quindi, dandogli
maggiore peso politico.
Il mio problema è che, in Italia, la scelta fra i candidati
alla presidenza della Commissione europea è fortemente limitata: dimezzata,
come minimo, o ridotta alla pallida alternativa socialisti-popolari.
Alcuni partiti europei, popolari, socialisti, liberali, verdi, sinistra euro-critica, hanno loro candidati alla presidenza dell’Esecutivo comunitario, che sarà decisa nelle prossime settimane dal ping-pong tra Consiglio europeo e Assemblea di Strasburgo che dovrà tenere conto dei risultati elettorali. Populisti ed euro-scettici non hanno espresso un loro candidato.
Alcuni partiti europei, popolari, socialisti, liberali, verdi, sinistra euro-critica, hanno loro candidati alla presidenza dell’Esecutivo comunitario, che sarà decisa nelle prossime settimane dal ping-pong tra Consiglio europeo e Assemblea di Strasburgo che dovrà tenere conto dei risultati elettorali. Populisti ed euro-scettici non hanno espresso un loro candidato.
Però, chi in Italia sostiene il liberale, Guy Verhofstadt,
ex premier belga, federalista convinto, oppure la coppia verde Ska Keller,
ecologista tedesca, e José Bové, anti-globalista francese, ha pochissime
possibilità di superare la soglia del 4%. E anche la lista ‘L’Altra Europa’,
che appoggia Alexis Tsipras, greco, leader di Syriza, faceva fatica a farlo,
negli ultimi sondaggi ‘legali’.
Restano i candidati del Ppe Jean-Claude Juncker, appoggiato
da Forza Italia, Ncd, Udc, e del Pse Martin Schulz, appoggiato dal Pd:
lussemburghese l’uno, tedesco l’altro, due veterani europei. Altro che i tre
faccioni ben distinti della campagna italiana, Renzi, Grillo, Berlusconi; qui
–se la bussola è il voto utile- di facce ne abbiamo solo due e sono entrambe
scolorite.
Nei tre dibattiti in diretta televisiva e anche nel faccia a
faccia su una tv tedesca, le loro prestazioni sono state incolori e generiche.
Juncker, premier del GranDucato per 18 anni e presidente dell’Eurogruppo per
sette, e Schulz, parlamentare europeo da vent’anni e presidente uscente
dell’Assemblea di Strasburgo, esprimono posizioni spesso sovrapponibili,
annacquano le differenze, smorzano le critiche ai leader dei 28 ed alle
Istituzioni dell’Ue. Insomma, fanno melassa e odorano di larghe intese. A Schulz,
viene voglia di gridargli l’abusato ‘Di’ una cosa di sinistra’. A Juncker, le
cose democristiane vengono naturali, ma un po’ farfugliate.
Io voto. Ma ancora cerco come esprimere un’alternativa
–utile- all’assenza di alternative.
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