“Pronto?, Silvio?”. “No, sono Matteo. Ma puoi dire a me,
Vladi”. “Ah, Matteo! Silvio m’ha parlato bene di te: dice che mi posso fidare,
che gli tieni il posto in caldo per quanto torna… Ti aspetto nella dacia… ”.
Dialogo (immaginario) tra un presidente (russo) e un premier (italiano), che
finora non s’erano mai parlati.
La prima volta tra Renzi e Putin c’è davvero stata, ieri:
un’occasione per il premier di dire la sua sulla crisi ucraina, dopo gli
appuntamenti multilaterali (Vertici europei e G7) e l’incontro a Roma con il
premier ucraino Iatseniuk venerdì scorso, ed anche di stabilire un contatto col
grande amico di Mr B sulla scena mondiale.
Le cronache ufficiali di Palazzo Chigi raccontano tutta
un’altra telefonata: un lungo colloquio tutto centrato sulla situazione in
Ucraina. Secondo la versione italiana, Renzi chiede a Putin un impegno “sostenuto”
per il rispetto degli accordi di Ginevra, vecchi di due settimane e ormai morti
e sepolti sotto le cronache drammatiche degli ultimi 15 giorni.
Secondo la versione russa, i due leader ''si sono scambiati
opinioni sulla crisi ucraina”, esprimendo “la necessità che tutte le parti –non
solo la Russia, ndr- rispettino gli accordi di Ginevra''.
Ma Putin e Renzi, per il Cremlino, hanno pure ''discusso, in
modo costruttivo, di questioni attuali della cooperazione russo-italiana in
varie aree, incluso il settore energetico''. Un modo, neppure criptico, per
ricordare che l’Italia dipende per un terzo delle forniture dal gas russo e che
è meglio non tiri troppo la corda sulle sanzioni.
Renzi, del resto, non ci pensa proprio a fare il kamikaze,
anche se la prossima settimana gli toccherà gestire la mela avvelenata di un G7
dell’energia in funzione anti-russa. Mentre la Merkel, ieri, faceva la voce
grossa, irritata dalla vicenda degli ostaggi dell’Osce a Slavyansk, fra cui 4
tedeschi.
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