Ansiosa di riscatto, dopo l’offensiva da operetta
‘anti-terrorismo’ della settimana scorsa, e desiderosa di affermare un’autorità
che all’Est non ha, Kiev lancia un’altra operazione militare contro uno dei
bastioni dei separatisti filo-russi, Slavyansk. Risultato: sul terreno, vittime
da entrambe le parti –i bilanci sono imprecisi-; sulla scene mediatica e
diplomatica, una risposta dura della Russia, che si rivolge all’Onu,;denuncia la
guerra intestina “contro il popolo ucraino” e chiede di sospendere “le
operazioni punitive”; e –pare quasi una gag- chiede l’intervento dell’Osce,
proprio l’organizzazione di cui i ribelli tengono sequestrati una dozzina
d’osservatori da una settimana.
Scattata all’alba, subito cruenta, l’offensiva ucraina non
ha l’efficacia d’una guerra lampo: se non si tramuta proprio in una beffa come
la prima operazione ‘anti-terrorismo’, l’avanzata dei lealisti si arena alle
porte di Slavyansk, dove la resistenza s’è organizzata e, addirittura,
rinsaldata, capace –pare- di abbattere un elicottero. Truppe e milizie si
fronteggiano, ciascuno tenendo le proprie posizioni, riferiscono giornalisti
sul posto.
Secondo le autorità ucraine, l’esercito avrebbe preso il
controllo di nove posti di blocco gestiti dagli insorti, spesso incontrando, intorno
a Slaviansk, l’ostilità degli abitanti: “Tornatevene a casa”, l’invito rivolto
alle truppe regolari. Kiev ammette due perdite e diversi feriti, ma sostiene di
avere inflitto “pesanti perdite” ai suoi avversari –mancano, però, conferme-.
Nell’epicento dello scontro, c’è nervosismo: ne fanno le spese tre troupes di
giornalisti occidentali, fermati, malmenati, rilasciati.
Con la sua mossa, l’Ucraina spiazza la diplomazia
internazionale, per la quale il venerdì 2 maggio poteva essere una giornata
cruciale: un colloquio telefonico, l’ennesimo, tra Putin e la Merkel; un
incontro a Washington tra Obama e la Merkel; e, a Varsavia, l’apertura dei
colloqui sull’energia Ue-Ucraina-Russia.
Kiev esige che i terroristi filo-russi, come li definisce,
liberino gli ostaggi, depongano le armi e sgomberino gli edifici che occupano,
come previsto dagli accordi di Ginevra del 17 aprile. Ma, da quel giorno, la
situazione sul terreno, dopo una breve stasi, s’è deteriorata, invece di
migliorare. Il movimento filo-russo s’estende: una dozzina di città e cittadine
sfuggono al controllo ucraino, a Odessa scontri fanno un morto di decine di
feriti.
All’annuncio dell’operazione militare, la Russia reagisce
parlando di “raid di rappresaglia”, che sono “il colpo di grazia” per le intese
di Ginevra. Per il premier Medvedev, il ricorso alla forza, come già il
ripristino della leva obbligatoria, “è segno dell’impotenza criminale” di chi
gestisce il potere ia Kiev n attesa delle elezioni del 25 maggio.
Mosca sollecita una riunione del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu, per altro rituale. Ma usa pure la leva dell’energia, facendo balenare
a Varsavia l’ipotesi di un taglio delle consegne di gas all’Ucraina, se Kiev,
entro la fine del mese, non ricomincerà a pagare.
A Washington, Obama e Merkel minacciano la Russia di
ulteriori sanzioni –la cancelliera assicura che l’Ue è pronta a innescare la
più volte evocata ‘fase 3’- e chiedono a Putin d’intervenire per la liberazione
degli osservatori dell’Osce, fra cui quattro tedeschi.
Ma l’attacco dei ‘lealisti’ a Slavyansk può sortire
l’effetto opposto: ritardare, cioè, il rilascio degli ostaggi, quando i
negoziati erano “in una fase molto delicata” –parola del ministro degli esteri
tedesco Steinmeier, dopo che il Cremlino ha inviato sul posto un emissario.
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