Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/05/2015
Per salvare
i disperati del Mediterraneo e contro gli schiavisti che ne fanno traffico,
l’Unione europea, questa volta, pare fare sul serio e sviluppa una diplomazia
dell’immigrazione su due fronti: l’esterno, alle Nazioni Unite, dove Federica
Mogherini cerca consenso internazionale sull’azione europea, limandone l’impeto
bellico; e l’interno, perché i governi dei 28 dovranno vagliare e adottare l’Agenda
che la Commissione di Bruxelles varerà domani.
Il fronte
più caldo potrebbe essere proprio quello interno, dove l’Esecutivo comunitario
intende sfidare gli Stati dell’Ue che non vogliono applicare il principio di
solidarietà alla ripartizione dei profughi, condannando gli Stati sul
Mediterraneo a farsi carico da soli di questo esodo.
Il punto di
forza dell’Agenda è proprio la messa a punto di un sistema di quote per
ripartire i migranti. E la fronda del no si sta già compattando, pronta ad
erigere le barricate: c’è chi teme che i commissari dei Paesi più negativi,
Ungheria, Rep.Ceca, Slovacchia, possano cercare d’affossare il testo sul
nascere, anche se sono ufficialmente svincolati dall’obbedienza nazionale. Ma
il presidente Jean Claude Juncker viene descritto “disposto a tutto” per cambiare
passo. E diplomatici di rango raccontano di resistenze che vacillano: la
Germania dà segnali di apertura sulle quote, convinta che non si possa
continuare a voltare la testa dall’altra parte di fronte a “numeri di profughi in
crescita esponenziale".
Ma questa fra
i 28 è una partita che deve ancora cominciare (o ricominciare, per l’ennesima
volta). Quella all’Onu, invece, è già partita (ed è la prima volta): "E’
una crisi senza precedenti, servono risposte eccezionali”, dice la Mogherini, Alto
Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, a margine del
Consiglio di Sicurezza. E aggiunge: “Bisogna distruggere il modello di business
dei trafficanti di immigrati ed essere sicuri che i barconi non siano più usati
… Gli asset in senso lato devono essere distrutti".
Il ministro
degli Esteri Paolo Gentiloni pensa che ci vorrà una decina di giorni per capire
se, oltre che sull'appoggio di Gran Bretagna, Francia, Spagna e Lituania – gli
europei del Consiglio di Sicurezza -, si possa contare anche sugli altri 11 membri.
La Russia, per ora, non vincola il sì all’ammorbidimento delle sanzioni ucraine,
aprendo la via all’ottimismo. Si cerca un iter che eviti il vincolo dell’unanimità.
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