Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/05/2015
L’Agenda per
l'immigrazione dell’Ue, predisposta dal commissario Dimitri Avramopulos e d’una
cui bozza Il Fatto Quotidiano è in possesso, è stata finalizzata ieri nella
riunione dei capi di gabinetto e approderà domani sul tavolo del collegio dei commissari
per l'approvazione, mentre Federica Mogherini già ne discute all’Onu gli
aspetti che esulano dalle competenze dell’Unione. Il testo non è ancora
definitivo e può subire variazioni, anche significative, prima d’essere varato.
Quattro i
pilastri su cui si fonda la strategia, la cui attuazione è comunque subordinata
all’accordo, tutt’altro che scontato, anzi controverso, dei governi dei 28: 1)
aiuto ai Paesi d’origine e di transito dei migranti; 2) controllo delle
frontiere a sud della Libia e dei Paesi limitrofi; 3) missioni di sicurezza e
difesa contro trafficanti e scafisti; e, infine, 4) il punto più controverso,
l'obbligatorietà della suddivisione dei profughi in base a un meccanismo di
quote.
L’attuazione
e l’efficacia delle azioni previste dai primi due pilastri si collocano a medio
e lungo termine. Il terzo e il quarto pilastro sono potenzialmente validi a
breve termine, ma non sono per nulla acquisiti: le missioni di sicurezza e
difesa al di fuori dai confini dell’Unione hanno implicazioni sul diritto
internazionale e sulla sicurezza globale; l’obbligo di suddividersi i profughi
suscita resistenze in molti dei 28. L’agenda è integrata da un piano d’azione
immediato, che include una nuova operazione Triton, più ampia e più ambiziosa
dell’attuale, limitata al pattugliamento delle acque territoriali europee.
Per gli aiuti ai Paesi terzi e per il controllo delle frontiere, con interventi sulle infrastrutture che consentano di metterle in sicurezza, non vi sarebbero problemi di fondi, indicano, visto che l'Unione è il primo donatore mondiale e può contare su stanziamenti per circa 20 miliardi d’euro l’anno per cooperazione e sviluppo. Ma la questione politica delicata è la destinazione dei fondi: a quali Paesi, a quali fini, con quali tramiti, con quali vincoli e con quali controlli.
Per la
missione nell'ambito della politica di sicurezza e difesa, tutto è legato
all'Onu e ai tempi d'approvazione della risoluzione preparata dall'Italia e
presentata dalla Gran Bretagna. L’Ue spera che sia pronta in tempo per il
Consiglio europeo di fine giugno, 25 e 26. Ma c’è chi s’immagina che arrivi anche
prima del Consiglio dei Ministri degli Esteri dei 28 il 18 maggio.
L’elemento
più controverso dell’Agenda è la redistribuzione dei migranti: quote
obbligatorie, da definire in base alla ricchezza del Paese, al tasso di
disoccupazione, al numero degli asili già concessi. La Commissione intende invocare
l'articolo 78.3 del Trattato di Lisbona, finora mai applicato: "Qualora
uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza
caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il
Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a
favore dello Stato membro o degli Stati membri interessati", recita il
testo.
In questo
modo, la Commissione potrà mettere la questione su una 'corsia preferenziale', serrando
i tempi di decisione perché il Consiglio potrà approvarla a maggioranza: il
veto d’alcuni non basterà a bloccare la misura fortemente voluta dal presidente
Jean Claude Juncker. Per Bruxelles, la situazione d'emergenza già esiste,
"sono i numeri a dirlo": 130 mila sbarchi in Italia nell'ultimo anno
e oltre 200 mila richieste di asilo attese nell’Unione sono "sicuramente
un'emergenza", secondo l'Esecutivo comunitario.
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