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martedì 26 maggio 2015

Ue: Polonia, un voto di sfiducia, una pugnalata alll'Europa

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/05/2015

E’ uno dei Paesi che ha tratto maggiore beneficio dall’adesione all’Unione europea. Ma in Polonia come altrove nell’Europa ex comunista entrata nell’Ue, il pendolo della politica oscilla in fretta: si sposta da un campo all’altro. Tra un voto e l’altro. E così, cinque anni dopo la tragedia di Smolensk, il 10 aprile 2010, che s’era portata via in un incidente aereo, e tra molti interrogativi, il presidente euro-scettico Lech Kaczynski, la Polonia torna a darsi un presidente conservatore e nazionalista, Andrzej Duda.

All’Unione, i polacchi, che sono fuori dall’euro, non rimproverano le scelte economiche, non contestano l’accento sull’austerità invece che sulla flessibilità. Le rimproverano di non essere abbastanza anti-russa nella vertenza ucraina, come se i 28 potessero andare oltre le sanzioni a Mosca e gli aiuti a Kiev, dovessero ‘fare la guerra’ ai russi e fornire armi e dare una prospettiva d’adesione agli ucraini.

Difficile trovare un minimo comune denominatore nei risultati delle ultime elezioni europee, spesso contraddittorie: il successo di Podemos in Spagna può apparentarsi a quello di Syriza in Grecia (ma le regionali spagnole non avevano confermato questa tendenza); e il voto in Polonia di domenica ha l’euro-scetticismo in comune con quello britannico del 7 maggio; mentre il referendum in Irlanda suona anelito libertario.

In Italia, Matteo Renzi tenta di esibire la primogenitura del progetto di una forza di sinistra “nuova” alla guida di un grande Paese Ue: "I venti della Grecia e della Spagna e quello della Polonia –dice- non soffiano nella stessa direzione, soffiano in direzione opposta. Ma tutti questi venti dicono che l'Europa deve cambiare e io spero che l'Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell'Europa". In Germania, Angela Merkel fa buon viso a cattivo gioco: scrive a Duda, mentendo, che “le relazioni polacco-tedesche sono oggi, a 70 anni dalla fine della guerra, cordiali e fiduciose come non mai. Siamo partner di Ue e Nato, stiamo lavorando per rafforzare la pace in Europa e trovare una soluzione alla crisi ucraina”.

Ma il voto polacco, come per motivi diversi quello spagnolo, crea ansia e timore a Bruxelles, dove l’ex premier polacco Donald Tusk, divenuto presidente del Consiglio europeo, rischia di trovarsi all’opposizione nel proprio Paese. I segnali di disgregazione non dissuadono, però, Mattarella dall’andare a Belgrado ieri e a Podgorica oggi a offrire a Serbia e Montenegro l’appoggio dell’Italia per l’adesione all’Ue, lontana almeno cinque anni.

Con il 51,55% dei suffragi, Duda ha vinto al ballottaggio e presidenziali contro il capo dello Stato uscente centrista Bronislaw Komorowski. Se le legislative d’autunno dovessero confermare la svolta nazionalista della politica polacca, al governo potrebbe tornare Jaroslaw Kaczynski, gemello di Lech, leader del partito conservatore ed euro-scettico Diritto e Giustizia.

Duda, 43 anni, è un avvocato di Cracovia: figlio di intellettuali, suo suocero è uno scrittore ebreo molto noto, Julian Kornhauser. Finora, rappresentava al Parlamento europeo il partito di Kaczynski, sedendo nello stesso gruppo dei conservatori britannici. In campagna, ha denunciato la corruzione del partito al potere, la Piattaforma dei Cittadini, e ha puntato sulla ‘polonizzazione’ di banche e grande distribuzione: l’Europa non ha più paura, come dieci anni or sono dell’idraulico polacco, ma l’idraulico polacco ha lui paura d’essere fagocitato dal mercato unico e dalla globalizzazione.

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