Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/05/2015
Cinque anni dopo le
Primavere arabe, e 5.000 morti annegati nel Mediterraneo dopo, ma a solo un
mese dall'ultima immane tragedia, l’Unione europea ha un’Agenda per
l’Immigrazione. O, almeno, la Commissione europea ne vara una. Adesso, però, i governi
dei 28 devono metterci il timbro, farla propria e tradurla in pratica. E qui le
intenzioni sono nebulose, i tempi incerti. Una parte del piano di Bruxelles,
quella che comporta l’attacco agli schiavisti e la distruzione dei barconi,
richiede l’avallo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Federica
Mogherini, capo della diplomazia europea, parla di "giornata
storica", perché al fine "una responsabilità che è finora stata quasi
unicamente italiana diventa europea". Ed esclude ipotesi di interventi
militari via terra in Libia, il Paese dalle cui coste partono i barconi: "Non
striamo programmando azioni di terra in Libia, ma un'operazione navale con le
autorità libiche per smantellare la rete dei trafficanti di esseri umani".
La
puntualizzazione mira ad ‘affondare’ uno scoop di The Guardian, secondo cui il piano
Ue anti-scafisti consisterebbe sì "soprattutto in interventi aerei e
navali nel Mediterraneo e nelle acque territoriali libiche, con il via libera
delle Nazioni Unite", ma non escluderebbe "azioni di terra in
Libia", con piccoli nuclei di forze speciali, eventualmente "necessarie
per distruggere i barconi dei trafficanti, ma anche i depositi di
carburante".
"Una
presenza a terra potrebbe essere presa in considerazione se venisse raggiunto
un accordo con le autorità competenti", avrebbe contemplato il piano Ue
secondo il quotidiano britannico. E’ possibile che ciò sia
stato vero in qualche fase del lungo iter di varo del documento, magari prima
che l’Onu e i libici, che di governi ne hanno più di uno, esprimessero le loro
riserve sul ‘lato muscolare’ dell’Agenda europea. Che di nemici ne ha pure in
casa, pronti a farla colare a picco appena lasciata la rada della Commissione.
Il pacchetto adottato conferma molte anticipazioni dei
giorni scorsi: triplica i fondi di Frontex, cioè rafforza ed estende
Triton, e prevede un sistema di quote temporaneo per ridistribuire tra tutti i
28 i richiedenti asilo che già sono nell'Ue e un meccanismo per assorbire in
due anni 20 mila profughi dai campi di rifugiati in Medio Oriente. L’Italia accoglierà
il 9,94% di rifugiati e l'11,84% dei richiedenti asilo.
Tutte
proposte dell’Esecutivo Juncker, per il momento: nulla di operativo, anche se
l’aumento dei fondi di Frontex ha già avuto l’ok dei leader dei 28. Gli Stati in
prima linea nell'affrontare l'emergenza immigrazione riceveranno 60 milioni di
euro aggiuntivi. Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, che hanno clausole di
‘opting out’ speciali nei Trattati, potranno chiamarsi fuori dalle quote.
Adesso,
iniziano i negoziati nel Consiglio dei Ministri dell’Ue. E pure il Parlamento
europeo dovrà dire la sua, anche se non ha in questo caso l’ultima parola.
L’obiettivo, ottimistico, è mettere in funzione le quote a fine mese per alleviare
la pressione sui Paesi più esposti, specie l’Italia, prima della stagione
estiva. Il piano di redistribuzione tiene conto di fattori quali il Pil, il
tasso di occupazione, la popolazione e il numero di richiedenti asilo già
accolti -la Germania ne prenderà la quota maggiore, seguita da Francia e Italia-.
L’Agenda
prevede pure azioni per lo sviluppo dei Paesi da cui si fugge e per rendere
meno tragici i cammini della speranza.
Ora,
mentre si comincia a negoziare fra i 28, l’Ue porta avanti la partita all’Onu.
L’incertezza delle prospettive non impedisce alla Mogherini a ai suoi colleghi
coinvolti, il vice-presidente Timmermans e il commissario Avramopoulos,
commenti positivi: l’Unione ha "finalmente capito l'urgenza" e fa
“passi da gigante”, di fronte a "un'emergenza drammatica". In Italia,
positive le reazioni di governo e maggioranza, critiche le opposizioni: pare un
gioco delle parti.
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