Scritto per Il Fatto Quotidiano e, in altra versione, per Metro del 19/05/2015
L’Unione europea ridimensiona le
ambizioni militari contro la Libia e mette tra parentesi, almeno per ora,
l’esercizio di solidarietà interna sollecitato dall’Esecutivo di Bruxelles. A questo prezzo, c’è l’ok dei ministri
degli Esteri e della Difesa dei 28 alla missione navale contro i nuovi
schiavisti, i trafficanti di migranti: obiettivo, impedirne i torbidi affari,
metterne fuori uso i mezzi (in mare, non a terra). L’Italia ottiene il comando
delle operazioni: il quartier generale sarà a Roma.
Ma l’Ue resta divisa sulla ripartizione in quote dei rifugiati: il
fronte della riluttanza, anzi, s’allarga, quello della solidarietà si
restringe. Se ne riparlerà il 27 maggio, dopo il Vertice di Riga del 21 e 22:
l’immigrazione, lì, non è all'ordine del giorno, ma i leader dei 28 ne discuteranno
di sicuro.
I risultati delle riunioni di ieri a Bruxelles hanno sfaccettature
diverse: riducendo la portata dell’uso della forza contro gli schiavisti, l’Ue
allarga il livello di consenso interno e si rende quasi autonoma dal via libera
delle Nazioni Unite, che, a questo punto, non sarà però difficile da ottenere,
e può fare a meno del consenso libico, perché i suoi interventi avverranno
fuori dalle acque territoriali libiche.
Tempi e ritmi paiono segnare l’avvento di un decisionismo europeo:
a un mese dall’ultima grande tragedia mediterranea, a meno di un mese dal
Vertice straordinario del 23 aprile che ne seguì, l’Unione trasforma “i minuti
di silenzio in azioni concrete e comuni”, dice con frase ad effetto Federica
Mogherini, capo della diplomazia europea. L’obiettivo è “di completare la
pianificazione nelle prossime settimane e di lanciare le operazioni a giugno”.
In poche settimana, l’Ue ha affrontato "l'aspetto del
salvataggio in mare, rafforzando Triton”, i cui fondi e mezzi sono stati
triplicati e l’area d’intervento ampliata, e ha deciso una missione navale
‘umanitaria’, ma ‘offensiva’. Delle azioni a breve dell’Agenda per
l’immigrazione presentata mercoledì scorso dalla Commissione europea, resta in
sospeso la condivisione della responsabilità dell'accoglienza: proprio quella
che più darebbe all’Italia il segnale d’una solidarietà europea.
Sono in gioco forza e credibilità dell’Ue nella gestione internazionale
dell'emergenza immigrazione. Condivisione dell’accoglienza e lotta agli schiavisti
sono due facce della stessa medaglia: si
rischia la “figuraccia”, avverte il ministro degli Esteri Gentiloni, se alle
parole non corrisponderanno i fatti. Vallo a spiegare, però, a chi dice
no perché ha diritto di chiamarsi fuori, Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, e
al ‘blocco dell’Est’ compatto nell’egoismo, su fino ai Baltici. La Francia è
reticente e la Spagna giudica i criteri delle quote “ingiusti”. Il fronte della
solidarietà s’è già sbrecciato.
A dargli un’ulteriore picconata, ci pensa il segretario generale
della Nato Jens Stoltenberg, norvegese, che torna ad agitare il drappo della
paura e ripete che terroristi e jihadisti potrebbero mescolarsi ai migranti sui
barconi che salpano dalla Libia: “La Nato –dice Stoltenberg- sta agendo alle
radici del problema (l'immigrazione di
massa clandestina, ndr) e collabora” con i suoi partner sia in Medio
Oriente che in Nord Africa “per aiutarli ad aumentare la loro capacità di
creare stabilità". Cioè, ci sta bene
il ritorno dei satrapi se tengono sotto controllo gli integralisti (e
condannano a morte un po’ di Fratelli Musulmani, magari pure un presidente
illegittimamente deposto). Eppure, secondo Frontex e persino secondo il
ministro dell’Interno Alfano, non c’è traccia di terroristi su barconi.
Un avallo alla linea meno muscolare dell’Ue verso la Libia, rispetto all’interventismo garibaldino di Renzi e dei suoi subito dopo la tragedia nel Mediterraneo, viene da Tunisi, dov’è il presidente della Repubbica Mattarella: in Libia "occorre una soluzione politica e non militare per fare un governo d’unità nazionale e creare le condizioni di un Paese funzionante”, dice, in sintonia con il collega tunisino Essebsi. Intesa fra Italia e Tunisia anche su immigrazione e lotta al terrorismo: "E' una lotta comune a difesa della civiltà e della pacifica convivenza, vogliamo stipulare un patto di civiltà".
Un avallo alla linea meno muscolare dell’Ue verso la Libia, rispetto all’interventismo garibaldino di Renzi e dei suoi subito dopo la tragedia nel Mediterraneo, viene da Tunisi, dov’è il presidente della Repubbica Mattarella: in Libia "occorre una soluzione politica e non militare per fare un governo d’unità nazionale e creare le condizioni di un Paese funzionante”, dice, in sintonia con il collega tunisino Essebsi. Intesa fra Italia e Tunisia anche su immigrazione e lotta al terrorismo: "E' una lotta comune a difesa della civiltà e della pacifica convivenza, vogliamo stipulare un patto di civiltà".
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