Scritto per La Presse lo 06/05/2015
Roma diventa il crocevia della diplomazia finanziaria
europea, verso l’Eurogruppo di lunedi 11 maggio, che, comunque, non segnerà la fine
al negoziato fra la Grecia e le Istituzioni internazionali. Se il ministro
delle finanze greco Yanis Varoufakis, oggi a Roma, ha ostentato il consueto
ottimismo, dopo l’incontro con il collega italiano PierCarlo Padoan, dicendosi “molto
fiducioso” sull’esito dell'Eurogruppo, da Bruxelles fonti solitamente informate
escludono un’intesa per lo sblocco della tranche
da 7,2 miliardi di aiuti in sospeso.
In una dichiarazione congiunta, Ue, Bce
ed Fmi dicono di stare lavorando “per concreti progressi”. Si prevede che i ministri
dei Paesi della Zona Euro prenderanno atto dei passi avanti effettuati, forse
per iscritto.
Mentre i colloqui del ‘gruppo di
Bruxelles’, la nuova versione della troika (Ue, Bce, Fmi, più l’Efsf, il
cosiddetto ‘fondo salvaStati’) continuano, Varoufakis a Roma afferma d’avere
parlato con Padoan “un linguaggio comune” e di avere condiviso “obiettivi
comuni”. La sua tesi è che un accordo è essenziale non solo per la Grecia, ma
anche “per la solidità e la robustezza” della Zona Euro. Il che è vero, pur se
la prospettiva d’un fallimento della trattativa crea più ansia ad Atene che a
Bruxelles ed agita i mercati, con sussulti dello spread, più che le
cancellerie.
Venerdi sarà a Roma il presidente dell'Eurogruppo,
l’olandese Jeroen Dijsselbloem, uno che non ha proprio un rapporto idilliaco con
Varoufakis. Oggi, dopo un incontro con il ministro delle finanze francese
Michel Sapin, Dijsselbloem, a Parigi, ha detto che con la Grecia "restano da
risolvere molti problemi", per cui "non ci sarà nessuna intesa” l’11
all'Eurogruppo. E il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble
sostiene: "Dobbiamo continuare ad aiutare la Grecia, ma gli accordi devono
avere un senso"; e ripete un suo mantra, che "né la troika, né l'Europa, né la
Germania sono da rimproverare per i problemi della Grecia" –un po’ nella
serie, chi è causa del suo mal pianga se stesso’-.
E’ evidente lo sforzo dei partner della
Grecia, Istituzioni e Stati, di non caricare d’attese l’incontro dell’11: Padoan
stesso colloca più in là la speranza d’un'intesa. Ma c’è pure il tentativo di
evitare che il negoziato si risolva nel dialogo, spesso infruttuoso, tra Varoufakis
e i suoi colleghi. Mentre, da parte greca, si prova a creare uno iato tra l’Fmi,
il cattivo della situazione, e l’Ue, più conciliante.
Il presidente della Commissione europea
Jean-Claude Juncker e il premier greco Alexis Tsipras si sono oggi parlati al
telefono per fare il punto “dei progressi fatti negli ultimi giorni su un piano
di riforme esaustivo per completare positivamente la revisione" del
secondo programma di aiuti.
Una dichiarazione congiunta informa che
i due leader "hanno in particolare discusso sull'importanza delle riforme
per modernizzare il sistema delle pensioni" e hanno parlato dell’evoluzione
dei salari e delle strutture del mercato del lavoro.
Ieri, mentre l’Fmi diceva che i conti della
Grecia hanno bisogno “d’una sforbiciata”, Mario Draghi, presidente della Bce, e
il vice premier greco Yannis Dragasakis avevano fatto il punto del negoziato
sul debito e della situazione economica greca.
Sulla quale, non mancano segnali incoraggianti.
A febbraio, c’è stato un calo della disoccupazione al 25,4% (dal 25,6% di
gennaio e dal 27,2% di un anno prima); ed oggi Atene ha pure rimborsato 200
milioni di euro all’Fmi. Entro il mese, però, la Grecia dovrà ancora versare al
Fondo 760 milioni di euro. Infine, il governo Tsipras ha collocato con successo
1,138 miliardi di titoli del debito pubblico semestrali a un tasso del 2,97%
-una boccata d’ossigeno per le casse asfittiche-.
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