Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/09/2016
Noi diciamo che l’abito non fa il monaco. I tedeschi
dicono che l’abito fa il monaco. Roberta Pinotti pare fatta per dare ragione ai
tedeschi: da quando è ministro della Difesa – prima donna a ricoprire
l’incarico in Italia -, questa professoressa d’italiano al liceo e capo
educatrice degli scout cattolici – gli stessi dove si fece le ossa da leader
Matteo Renzi – s’è scoperta una vena militarista che prima nessuno le avrebbe
sospettato.
E la Libia la ispira in modo particolare: sua
l’anticipazione, poi fortunatamente smentita dai fatti, almeno finora, di 5.000
militari italiani in campo; (anche) sua la decisione di inviarvi forze speciali
all'insaputa del Parlamento – ne rivelò la presenza Il Fatto a fine luglio -; e
suo, adesso, l’annuncio dell’operazione Ippocrate, che ha un bel nome
umanitario, ma che è un’operazione militare vera e propria.
Tra l’altro, con il solito vizietto. Il Parlamento,
questa volta, la Pinotti e il suo collega degli esteri Paolo Gentiloni l’hanno
informato, incontrando ieri insieme a Montecitorio le commissioni Esteri e
Difesa di Camera e Senato in riunione congiunta. Ma la partenza degli uomini era
già decisa, che l’assenso delle commissioni arrivasse o meno prima. Il che ha
naturalmente suscitato le proteste delle opposizioni.
Gentiloni sostiene: "Noi stiamo andando a
costruire un ospedale da campo, non stiamo mandando una portaerei. In Libia non
ci sono 'boots on the ground' di soldati italiani". Evidentemente, non
contano i commando in azione almeno da due mesi e la ‘force protection’.
L’attenzione dell’Italia per la Libia è tenuta alta da
due fattori: l’energia e l’immigrazione. Sull’uno e sull’altro fronte, la
situazione rischia di peggiorare, ora che la Libia è di nuovo terreno di
scontro fra fazioni libiche, una volta eradicata a Sirte la presenza dei
miliziani del sedicente Stato islamico, “ridotta a uno o due kmq”, parola del
ministro con l’elmetto. Incontrando a Roma in questi giorni delegazioni
straniere, il ministro mostra foto mentre imbraccia il fucile e racconta
d’andare a sparare al poligono, dando di sé un’immagine da comandante-in-capo
‘italian style’.
Le preoccupazioni italiane sulla Libia, e
sull’immigrazione, dove l’Europa dà una mano, ma può fare di più, saranno
sciorinate dal premier Renzi al vertice dell’Ue a Bratislava, venerdì, e,
subito dopo, nell’incontro di commiato con il presidente Obama alla Casa
Bianca. L’operazione Ippocrate può essere un fiore all’occhiello con cui
presentarsi ai partner dell’Ue e ad Obama.
L'Italia realizzerà un ospedale da campo a Misurata,
sede d’una delle milizie libiche più agguerrite, inviando sul posto 300 unità tra
personale sanitario – 65 medici e infermieri -, addetti alla logistica – 135
per manutenzione, comunicazioni, amministrazione, etc- e un centinaio di
militari incaricati della sicurezza, “una vera e propria 'force
protection'". A supporto della missione ci sarà un velivolo C27-J
"per un’eventuale evacuazione strategica", mentre una nave già
"impegnata in 'Mare sicuro’ avrà funzioni di supporto".
L'ospedale da campo di Misurata consentirà di
effettuare interventi per codice rosso e trasfusioni e andrà a regime entro fine
mese, assistendo fino a 50 pazienti al giorno: “Il lavoro preparatorio fatto ad
agosto serviva per essere operativi al più presto", dice il ministro,
riferendosi forse ai commando sul terreno che hanno però contribuito anche ad
indirizzare i raid aerei Usa contro gli jihadisti.
L'avvio della missione in Libia coincide con un
momento particolarmente delicato sul terreno, dopo che le forze del generale
Haftar, vicine al parlamento di Tobruk e ostili al governo d’unità nazionale
del premier al-Sarraj, hanno rivendicato la conquista di punti strategici della
Mezzaluna petrolifera.
Gentiloni giudica gli sviluppi "negativi perché
danneggiano il processo di stabilizzazione". Haftar ha miliziani
"prevalentemente del Sudan e del Ciad arruolati, che si sono scontrati con
le guardie delle installazioni petrolifere. Non è certo quali siti siano stati
presi, ma la situazione è instabile" e, quindi, pericolosa. Lunedì,
l’Italia, con gli Stati Uniti e altri quattro Paesi europei, aveva chiesto
l’immediato ritiro dai terminal energetici degli uomini di Haftar.
Si cerca di dialogare con il generale, in vista del
prossimo appuntamento internazionale sulla Libia: la conferenza ministeriale a
New York tra una decina di giorni. E, nel frattempo, si punta a ripulire del
tutto Sirte dai miliziani del Califfo. Gentiloni è cauto: restano sacche di
resistenza e “girano rivendicazioni di attentati a Bengasi e Tripoli, la cui
attendibilità da verificare". E quattro miliziani sono stati uccisi ieri.
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