Scritto per Il Fatto Quotidiano del 18/09/2016
Ma non erano gli hackers russi che ficcavano il naso a
ripetizione nella corsa alla Casa Bianca, carpendo mail a Hillary Clinton e
facendo così il gioco di Donald Trump? Vladimir Putin rovescia la frittata: alla
vigilia del voto per la Duma, il Parlamento di Mosca, che suscita meno fremiti
d’interesse delle elezioni americane, il presidente russo, da Bishkek, capitale
del Kirghizistan, denuncia “evidenti tentativi” di "manipolare l'opinione
pubblica" del suo Paese.
A che cosa si riferisca, non è chiaro; e se ci creda
davvero, neppure. Putin dice: "Abbiamo visto, durante la campagna per la
Duma, tentativi di manipolare l'opinione pubblica, sollevando questioni sì
delicate, ma molto lontane da ciò che interessa veramente milioni di russi”.
Forse un riferimento agli strepiti ucraini, rilanciati da Washington, perché
pure la Crimea eleggerà i suoi deputati.
Il presidente russo non cade nella trappola di chi
vuole coinvolgerlo nella competizione americana: Hillary o Trump? “Sosterremo
chiunque voglia costruire con noi solide relazioni di partnership e buon
vicinato". Negli Usa, di parla molto di Russia: “Mi piace sperare che ciò
derivi dalle nostre crescenti influenza e importanza … Ma stiamo invece assistendo
al tentativo di crearci un'immagine da 'impero del male' per spaventare la
gente comune".
Putin nota che Barack Obama è attivamente coinvolto
nel sostegno a Hillary Clinton, mentre lui "non è così attivo" nella
campagna per la Duma. Bella forza!: negli Usa Hillary, la candidata clone del presidente
uscente, rischia di perdere; lui, invece, in Russia non c’è possibilità che
perda. Anzi, è sicuro di vincere l’ennesimo referendum sul suo conto: ha un
tasso di popolarità all’82%, a meno di due anni dalla fine del suo terzo
mandato non consecutivo – tra il secondo e il terzo, ci fu l’intermezzo
concordato di Dmitri Medvedev – e dal prevedibile inizio del quarto – e
probabilmente ultimo -.
Il suo partito, Russia Unita, non raggiungerà le sue
percentuali, ma avrà la maggioranza dei seggi, nonostante tutta la legislatura,
dal 2011 a oggi, e la prima metà del terzo mandato presidenziale non siano
state di sicuro rose e fiori per la Russia e i russi: la crisi ucraina, coi
suoi riflessi nei rapporti con gli Usa e l’Ue, le sanzioni, il crollo del prezzo
del petrolio, la perdita di valore del rublo, tutto ciò potrebbe spingere al
cambiamento. Ma non pare che sia così. Anzi, il fatto che la Crimea, annessa,
vada alle urne con la Russia tutta stimola l’orgoglio nazionale: Putin ha
curato questo tema con due visite nel giro di poche settimane e suggestive e minacciose
esercitazioni militari, mentre Washington, all’unisono con Kiev, bollava come
illegittimo il voto nella penisola.
Un calo di consensi per Russia Unita è comunque
atteso: il partito, che nel 2011 sfiorò il 50%, non dovrebbe ripetersi su quei
livelli; e Medvedev, che, tornato premier dopo la parentesi da presidente, guida
le liste della formazione di maggioranza, rilancia, in chiave elettorale, il progetto
del ponte sullo stretto di Kerch, per collegare la Crimea alla Russia.
Le elezioni si svolgono con un sistema misto già
sperimentato: dei 450 deputati, 225 vengono eletti su liste di partito (con la proporzionale),
e 225 con il maggioritario. Per entrare alla Duma un partito deve superare la soglia
del 5%. Gli elettori registrati sono circa 111 milioni, tenendo conto di quelli
all'estero.
L'opposizione parlamentare uscente (e con tutta
probabilità rientrante) è stata in questi cinque anni innocua, anzi è stata una
foglia di fico per il regime, mascherandone con la sua esistenza
l’autoritarismo. Nel Parlamento uscente, i comunisti, con quasi il 20%, erano
il secondo partito, davanti al liberal-nazionalisti di Vladimir Zhirinovskij,
sotto il 12%. Ma c’è aria di sorpasso: patriottismo e nazionalismo esercitano
sull'opinione pubblica maggiore richiamo del discreto (e molto locale) fascino
delle bandiere rosse, un simbolo del passato che sfuma col passare degli anni e
il tramontare d’una generazione. Sopra il 5%, ma di poco, dovrebbe pure essere
Russia Giusta.
Tra difficoltà economiche, reminiscenze nazionalistiche e smorzate rivendicazioni sociali, Putin resta lo strumento migliore della propaganda di Russia Unita. Che, per scuotere gli elettori, tradizionalmente restii a recarsi alle urne – l’elevato astensionismo è una variabile imponderabile del voto in Russia -, conduce nella capitale una campagna telefonica: il messaggio è semplice, “vai a votare, il presidente ha bisogno di te”. Sembra America, ma è Russia. E l’hacker è in ascolto.
Tra difficoltà economiche, reminiscenze nazionalistiche e smorzate rivendicazioni sociali, Putin resta lo strumento migliore della propaganda di Russia Unita. Che, per scuotere gli elettori, tradizionalmente restii a recarsi alle urne – l’elevato astensionismo è una variabile imponderabile del voto in Russia -, conduce nella capitale una campagna telefonica: il messaggio è semplice, “vai a votare, il presidente ha bisogno di te”. Sembra America, ma è Russia. E l’hacker è in ascolto.
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