L’estate violenta, come formula, non va più bene, ma solo perché siamo alle soglie dell’autunno. Se no, i fatti e le scene si ripetono quasi uguali: il poliziotto, in genere bianco, uccide il nero, in genere disarmato. Le variabili sono nel contorno: sabato scorso, a Tulsa, in Oklahoma, a sparare era stata una donna in uniforme; e l’altro ieri, a Charlotte, in North Carolina, l’uomo ucciso era forse armato – le versioni sono contrastanti -.
Pare di essere a luglio, quando le uccisioni di neri inermi ad opera di poliziotti bianchi, in Louisiana e nel Minnesota, innescarono proteste anche violente in tutta l’Unione e fecero scattare, in due reduci di guerra neri, la molla della ritorsione, con le stragi di agenti a Dallas e di Baton Rouge.
Le cifre lievitano, sono quelle di una guerra: quest’anno, le persone uccise da poliziotti negli Usa sono già 728, quasi tre al giorno, mentre gli agenti morti in servizio, non necessariamente ammazzati, sono 58, in questo cruento gioco di ‘guardie e ladri’ dal grilletto facile. Il 17 giugno è stato l’unico giorno in cui la polizia non ha fatto vittime. Il 27 gennaio è stato il giorno più letale:, con 10 vittime. L’anno scorso, il conto fu simile: 1.152 le persone uccise da poliziotti, il 30% neri (quasi tre volte di più della loro percentuale nella popolazione).
L’episodio di Tulsa aveva avuto a caldo scarsa eco, perché sovrastato, nelle cronache e nelle ansie dell’America, dalla sequela di attacchi terroristici tra New York e il New Jersey e nel Minnesota. Ma, attenuatasi l’emergenza terrorismo, le tensioni razziali sono riesplose a Charlotte.
Una dozzina di agenti sono rimasti feriti durante le proteste per l’uccisione, a opera d’un poliziotto, d’un uomo di colore che s’era introdotto in un condominio – se ne ignorano le intenzioni -. Secondo fonti ufficiali citate dai media locali, i manifestanti hanno danneggiato alcune auto della polizia, mentre le forze dell'ordine tentavano di disperderli usando gas lacrimogeni. Due agenti sono stati colpiti al volto da sassi.
Poche ore prima, una manifestazione s’era svolta a Tulsa, senza incidenti, nonostante le circostanze dell’uccisione di Terence Crutcher, 40 anni, siano particolarmente ‘shockanti’: un video, diffuso dalla stessa polizia, mostra l’uomo - disarmato - colpito e ucciso, durante quello che doveva essere un normale controllo stradale. L'agente lo ha prima stordito con una pistola elettrica, poi l’ha ucciso sparandogli attraverso il vetro.
La vittima a Charlotte era Keith Scott Lamont, 43 anni: la polizia sostiene di avergli sparato perché l’uomo rappresentava una grave minaccia. Gli agenti avevano recuperato la sua arma e stavano interrogando i testimoni, quando la protesta s’è gonfiata. Agenti in tenuta anti-sommossa schierati su due file fronteggiavano i manifestanti, che scandivano slogan come "la vita dei neri conta" e "mani in alto, non sparate".
Donald Trump ha subito cavalcato le tensioni razziali a fini elettorali: "La comunità nera sta peggio
che mai", ha detto il candidato repubblicano, parlando
l’altra sera ad un evento elettorale. E, ieri, in Ohio, uno Stato in bilico,
teatro, la scorsa settimana, alla periferia della capitale, Columbus, d’un
episodio analogo – vittima un tredicenne, Tyree King, che aveva una pistola ad
aria compressa -, il magnate è stato introdotto sul palco da Don King, mitico
impresario nero della boxe americana.
Ma la partita dei neri appare persa, per Trump, che ha pochi consensi nella comunità afro-americana, orientata a votare per Hillary Clinton, in quanto moglie di Bill, che fu definito il primo presidente nero americano, ed erede politica di Barack Obama. Anche se Don King sostiene che “i neri – ma lui usa la parola tabù ‘negri’ - hanno bisogno di Donald Trump”, "l'unico gladiatore" che può contrastare un sistema "corrotto", "razzista" e "sessista".
Ma la partita dei neri appare persa, per Trump, che ha pochi consensi nella comunità afro-americana, orientata a votare per Hillary Clinton, in quanto moglie di Bill, che fu definito il primo presidente nero americano, ed erede politica di Barack Obama. Anche se Don King sostiene che “i neri – ma lui usa la parola tabù ‘negri’ - hanno bisogno di Donald Trump”, "l'unico gladiatore" che può contrastare un sistema "corrotto", "razzista" e "sessista".
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