Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/09/2016
Se Parigi valeva ben
una messa, la Casa Bianca può valere ben una stretta di mano con un uomo scomodo
e ambiguo come il generale egiziano al-Sisi, divenuto presidente dopo avere
rovesciato con un colpo di stato il suo predecessore democraticamente eletto, Mohamed
Morsi, ed oggi saldo al potere a forza di repressione delle opposizioni e di sequestri,
torture e uccisioni – Giulio Regeni è una delle vittime del suo regime -.
Solo che un incontro
con al-Sisi si potrebbe forse giustificare sull’agenda di Donald Trump: lui
cerca di darsi una statura da statista che pochi partner internazionali sono
disposti a riconoscergli prima che sia eletto presidente e ha un debole per gli
uomini forti presenti – Putin - e passati - Saddam Hussein e Gheddafi -.
Che cosa serva,
invece, l’incontro con al-Sisi alla Clinton, se non a crearle imbarazzi, non è
chiaro. Verrebbe da pensar male, non fosse che l’Egitto non figura sulla lista
dei Paesi che hanno fatto donazioni sospette alla Fondazione di famiglia della
candidata democratica, né ora né in passato.
L’ex segretario di
Stato non ha certo bisogno d’accreditarsi sul piano internazionale e stupisce,
quindi, che sull’agenda dei suoi colloqui, a margine dell’assemblea generale
delle Nazioni Unite, abbia messo proprio il generale egiziano, accanto a un
altro interlocutore che salta agli occhi, il presidente ucraino Poroshenko,
oltre che al premier giapponese Shinzo Abe e ad altre personalità non
conflittuali.
Che poi anche Trump
abbia annunciato un incontro con al-Sisi consente a Hillary di condividere
l’imbarazzo, ma non scioglie gli interrogativi. Tanto più che il Dipartimento
di Stato Usa s’è appena detto ''preoccupato'' per la decisione di una corte del
Cairo di congelare i beni di alcune importanti organizzazioni per i diritti
umani e dei loro dirigenti, che starebbero” documentando violazioni e abusi e
difendendo le libertà riconosciute dalla costituzione egiziana''. I due
colloqui sembrano più un regalo al leader egiziano che altro.
Per la concomitanza,
e un po’ con la scusa, dell’Assemblea generale, Hillary s’è presa, martedì,
un’altra giornata di mezzo riposo: si tratta di recuperare le forze, dopo la
polmonite. L’ex first lady s’è limitata a qualche contatto internazionale a New
York e ha passato molte ore nella sua casa, a Chappaqua, a preparare il primo
confronto in diretta televisiva com il suo rivale, lunedì 26. Trump non
gliel’ha fatta passare liscia: “Hillary ha bisogno di riposo”, le ha twittato.
“Dormi bene, ci vediamo al dibattito”.
A consolare Hillary
ci ha provato, con una battuta, quel suo grande sostenitore che è Matteo Renzi:
"Mia moglie ti aspetta al G7 del 2017 in Sicilia come First Husband",
ha detto a Bill Clinton, ribadendo, per l’ennesima volta, il proprio sostegno
alla candidata democratica. La sortita di Renzi ha chiuso un dibattito svoltosi
alla Clinton Global Initiative, cui, oltre al premier italiano, c’erano il
presidente dell'Argentina Mauricio Macri, il sindaco di Londra Sadiq Khan e
l'ex ministra delle Finanze della Nigeria Ngozi Okonjo-Iweala.
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