Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net lo 06/09/2016
Passato il Labour Day, che negli Stati Uniti segna la
fine dell’estate e la ripresa a pieno ritmo dell’attività, con la riapertura
delle scuole - in alcuni Stati, avviene prima -, la campagna decolla verso gli
ultimi due mesi: lo scontro tra i candidati democratico Hillary Clinton e
repubblicano Donald Trump è a tutto campo, con focus, negli ultimi giorni,
sull’immigrazione.
Per la Clinton, il decollo non è tanto un’immagine
figurata quanto un fatto reale. L’ex first lady, infatti, s’è dotata di un jet
privato, subito denominato ‘HillForceOne’, con palese assonanza all’aereo
presidenziale, l’ ‘AirForceOne’, e lo ha inaugurato volando, con la stampa al seguito,
a Cleveland, in Ohio, uno degli Stati chiave di questa competizione.
L’aereo della Clinton non compete con
l’iper-tecnologico ‘AirForceOne’ del presidente Obama e neppure con il lussuoso
B-757 di Donald Trump: è un vecchio B-737 di 14 anni, che ha già volato per
diverse compagnie aeree, tra cui l’Air Berlin. L’interno è suddiviso in quattro
aree: una per la Clinton, una per il suo staff, una per gli agenti di scorta
del Secret Service ed una per la stampa. Sulla fusoliera, c’è scritto lo slogan
della campagna di Hillary, ‘Stronger Toghether’, più forti insieme.
La
vicinanza ai ‘Paperoni d’America’ - Il decollo aeronautico
s’accompagna a quello finanziario della campagna di Hillary, che ha avuto un
agosto ‘ricco’, con la raccolta di 143 milioni di dollari, e che continua a
raccogliere fondi nelle zone più esclusive dell’Unione, dagli Hamptons, nello
Stato di New York, a Beverly Hills, in California. Ad essi non corrisponde,
però, un decollo politico: se Donald Trump ha vissuuto un momento no durato
almeno tre settimane dopo le convention, l’ex first lady appare ora impantanata
di nuovo in vicende del passato, l’emailgate, la strage di Bengasi, le
donazioni alla Fondazione di famiglia, che non riesce a scrollarsi di dosso.
E la frequentazione dei miliardari più che della gente
comune le frutta, ma non l’aiuta: il NYT scrive che i suoi eventi per il grande
pubblico sembrano incastrarsi negli spazi di tempo disponibili fra un
miliardario e l’altro; e cita un esponente democratico, Jay Jacobs, secondo cui
“si va dove ci sono i soldi, è una musica vecchia”. Hillary, in questa fase, starebbe
rassicurando i ‘paperoni d’America’, molti dei quali sono amici dei Clinton da
vecchia data: la sua presidenza, verso di loro, s’ispirerà più a Bill Clinton
che a Barack Obama.
Fondazione
Clinton, inviti a tagliare i legami – Dall’ex rivale
democratico Bernie Sanders, politicamente più a sinistra di lei, e arriva l’invito
a tagliare ogni legame con la Fondazione Clinton, se sarà eletta. Sanders
echeggia la sollecitazione venuta la scorsa settimana dal New York Times, un
giornale amico: la Fondazione smetta subito, senza attendere l’Election Day, l’8
Novembre, d’accettare donazioni da Paesi stranieri o grandi aziende, perché “è
un imperativo etico", oltre che essere “più saggio” in termini elettorali.
Inoltre, "se la signora Clinton vincerà, il
marito Bill e la figlia Chelsea dovrebbero entrambi interrompere ogni legame
con la Fondazione e con le affiliate per tutta la durata del mandato, cedendo
il controllo sulle spese a un consiglio di amministrazione". Nei giorni
scorsi era invece emersa la possibilità che Chelsea, la figlia dei Clinton,
restasse nel board della Fondazione, contrariamente a quanto prima ventilato, e
che il maggiore progetto della Fondazione, la Clinton Health Access Initiative,
continui a ricevere contributi dall’estero.
Recenti rivelazioni, in cui emailgate e vicende della
Fondazione s’intrecciano, "rendono difficile – osserva il NYT - dire dove
finiva (la sfera d’interessi e attività) della Fondazione e iniziava (quella)
del Dipartimento di Stato".
Il
pozzo senza fondo delle mail - Alcune mail indicano
che personalità che hanno fatto donazioni alla Fondazione hanno ottenuto un
accesso privilegiato e rapido all'allora segretario di Stato; e oltre la metà
delle persone al di fuori dell’Amministrazione che incontrarono o ebbero
telefonate con la Clinton mentre era segretario di Stato contribuirono alla
Fondazione personalmente o tramite società: almeno 85 su 154, secondo una
inchiesta della Ap.
Gli 85 donatori versarono complessivamente 156 milioni
di dollari: almeno 40 hanno donato 100 mila dollari a testa, 20 hanno versato
oltre un milione di dollari.
Per lo staff di Hillary, quello della Ap è un resoconto
"completamente sbagliato", che fornirebbe “una rappresentazione
distorta". Invece Trump commenta che, alla luce di quanto emerso,
"non è possibile stabilire dove finiva la Fondazione Clinton e dove cominciava
il Dipartimento di Stato": una frase che richiama il giudizio del NYT.
Richieste
di favori d’ogni genere, spesso respinte - Tra coloro che ebbero
accesso a Hillary, figurano un economista di fama internazionale che chiedeva
aiuto mentre il governo del Bangladesh premeva per le sue dimissioni da una
banca non profit; un manager di Wall Street che sollecitava l'intervento per un
problema di visto; un consigliere di Bill che voleva un passaporto diplomatico (senza
ottenerlo); i dirigenti di Estee Lauder, mentre il Dipartimento lavorava con la
Fondazione dell'azienda contro le violenze di genere in Sudafrica.
Gli incontri non sembrano violare gli accordi legali che Hillary e il marito Bill firmarono prima che lei si insediasse al Dipartimento di Stato nel 2009, ma la frequenza delle sovrapposizioni alimenta l’impressione che dare soldi alla Fondazione fosse il prezzo di ammissione alla Clinton. Hillary incontrò anche i rappresentanti di almeno 16 governi stranieri che donarono alla Fondazione complessivamente 170 milioni di dollari, ma essi non sono stati inclusi nei calcoli dell'Ap perché tali incontri facevano probabilmente parte dei suoi doveri istituzionali. (fonti vv – gp)
Gli incontri non sembrano violare gli accordi legali che Hillary e il marito Bill firmarono prima che lei si insediasse al Dipartimento di Stato nel 2009, ma la frequenza delle sovrapposizioni alimenta l’impressione che dare soldi alla Fondazione fosse il prezzo di ammissione alla Clinton. Hillary incontrò anche i rappresentanti di almeno 16 governi stranieri che donarono alla Fondazione complessivamente 170 milioni di dollari, ma essi non sono stati inclusi nei calcoli dell'Ap perché tali incontri facevano probabilmente parte dei suoi doveri istituzionali. (fonti vv – gp)
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