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sabato 27 settembre 2014

Coalizione anti-Is: c'è pure Cameron; e l'Italia valuta sforzo in più

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/09/2014

Una gragnola di voti britannici sulle milizie jihadiste, già sotto le bombe dei raid americani, francesi e arabi. I Comuni di Londra, riuniti in sessione straordinaria, approvano a larghissima maggioranza (524 sì, 24 no) una mozione del governo che autorizza attacchi aerei in Iraq –ma non in Siria- contro il califfato. “Nessun soldato britannico –però- sarà schierato nelle zone di combattimento”: da Washington a Londra, l’equivoco della guerra a metà rimane irrisolto.

La Gran Bretagna fa un passo in più dentro la coalizione messa insieme dagli Stati Uniti. Dopo il sì agli attacchi di Belgio, Olanda e –ieri- Danimarca (sette caccia F-16), anche l’Italia, finora ferma a un aereo cisterna, potrebbe rivedere la sua posizione: “Valuteremo se serve uno sforzo in più”, dice il ministro della Difesa Roberta Pinotti.

Parlando con Obama, il presidente turco Erdogan, finora defilato nella coalizione, promette: “D’ora in poi, faremo del nostro meglio" contro l'Is.

Ai Comuni, il premier Cameron avverte che la lotta allo Stato islamico durerà "non mesi, ma anni". Sei caccia Tornado della base britannica di Akrotiri, a Cipro, sono pronti a entrare in azione, dopo avere già compiuto voli di ricognizione sulle postazioni jihadiste in Iraq.

Bisogna fermare l’avanzata integralista "perché è una minaccia diretta alla Gran Bretagna", afferma Cameron. In tutto l’Occidente resta altissima l'allerta terrorismo: a Londra, e in Germania, ci sono stati altri arresti; e nove sospetti sono stati fermati tra la città spagnola di Melilla e quella marocchina di Nador - capo della cellula era il fratello di un militare spagnolo -.

Anche se è giallo sulla portata delle minacce di cui ha parlato all’Onu il premier iracheno al Abadi. Usa e Francia non ne avallano l’attendibilità. In Italia, dice il ministro dell’Interno Alfano, non risulta nessuna minaccia specifica, ma la sorveglianza è stata ulteriormente rafforzata sugli obiettivi più sensibili.

Tra giovedì e venerdì, aerei della coalizione, americani e arabi, hanno bombardato, per la seconda notte consecutiva, le installazioni petrolifere sotto il controllo dello Stato Islamico in due province siriane, Deir Ezzore e Hasakeh, e un centro di comando. Il pompaggio del petrolio è sospeso in sei località, quattro carri sono stati distrutti.

Le missioni congiunte su Iraq e Siria proseguono da martedì, ma dal Qatar, uno dei Paesi del Golfo in prima linea, viene un monito: “I raid non avranno successo finché al Assad resterà al potere”, dice lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani alla Cnn.

Sarebbero almeno 50 gli jihadisti uccisi dai raid aerei nella provincia irachena di Anbar - una decina le incursioni su tutto l’Iraq -. Eppure, l'Is continua ad avanzare in Siria verso il confine turco: conquistate decine di villaggi attorno la città curda di Kobane, che resiste, i miliziani avrebbero ora preso una collina fin qui tenuta dai peshmerga.

Secondo l’anti-terrorismo Ue, sono oltre 3000 gli europei che combattano con le milizie jihadiste. Pure i servizi di sicurezza russi ne sono preoccupati: degli stranieri arruolati dallo Stato islamico -fino a 50 mila-, alcuni arrivano dalla ex Urss e il loro rientro porrebbe una "seria minaccia": l'Is è una "grande forza, che in assenza di contromisure adeguate è in grado di minare l’attuale sistema delle relazioni internazionali e della sicurezza".

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