Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/09/2014
Una gragnola di voti britannici
sulle milizie jihadiste, già sotto le bombe dei raid americani, francesi e
arabi. I Comuni di Londra, riuniti in sessione straordinaria, approvano a
larghissima maggioranza (524 sì, 24 no) una mozione del governo che autorizza attacchi
aerei in Iraq –ma non in Siria- contro il califfato. “Nessun soldato britannico
–però- sarà schierato nelle zone di combattimento”: da Washington a Londra,
l’equivoco della guerra a metà rimane irrisolto.
Parlando con Obama, il presidente turco Erdogan, finora
defilato nella coalizione, promette: “D’ora in poi, faremo del nostro meglio"
contro l'Is.
Ai Comuni, il premier Cameron avverte che la lotta allo
Stato islamico durerà "non mesi, ma anni". Sei caccia Tornado della
base britannica di Akrotiri, a Cipro, sono pronti a entrare in azione, dopo
avere già compiuto voli di ricognizione sulle postazioni jihadiste in Iraq.
Bisogna fermare l’avanzata integralista "perché è una
minaccia diretta alla Gran Bretagna", afferma Cameron. In tutto
l’Occidente resta altissima l'allerta terrorismo: a Londra, e in Germania, ci sono
stati altri arresti; e nove sospetti sono stati fermati tra la città spagnola
di Melilla e quella marocchina di Nador - capo della cellula era il fratello di
un militare spagnolo -.
Anche se è giallo sulla portata delle minacce di cui ha
parlato all’Onu il premier iracheno al Abadi. Usa e Francia non ne avallano
l’attendibilità. In Italia, dice il ministro dell’Interno Alfano, non risulta
nessuna minaccia specifica, ma la sorveglianza è stata ulteriormente rafforzata
sugli obiettivi più sensibili.
Tra giovedì e venerdì, aerei della coalizione, americani e
arabi, hanno bombardato, per la seconda notte consecutiva, le installazioni
petrolifere sotto il controllo dello Stato Islamico in due province siriane,
Deir Ezzore e Hasakeh, e un centro di comando. Il pompaggio del petrolio è
sospeso in sei località, quattro carri sono stati distrutti.
Le missioni
congiunte su Iraq e Siria proseguono da martedì, ma dal Qatar, uno dei Paesi
del Golfo in prima linea, viene un monito: “I raid non avranno successo finché
al Assad resterà al potere”, dice lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani alla Cnn.
Sarebbero almeno 50 gli jihadisti uccisi dai raid aerei
nella provincia irachena di Anbar - una decina le incursioni su tutto l’Iraq -.
Eppure, l'Is continua ad avanzare in Siria verso il confine turco:
conquistate decine di villaggi attorno la città curda di Kobane, che resiste, i
miliziani avrebbero ora preso una collina fin qui tenuta dai peshmerga.
Secondo l’anti-terrorismo Ue, sono oltre 3000 gli europei
che combattano con le milizie jihadiste. Pure i servizi di sicurezza russi ne
sono preoccupati: degli stranieri arruolati dallo Stato islamico -fino a 50 mila-,
alcuni arrivano dalla ex Urss e il loro rientro porrebbe una "seria
minaccia": l'Is è una "grande
forza, che in assenza di contromisure adeguate è in grado di minare l’attuale sistema
delle relazioni internazionali e della sicurezza".
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