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domenica 28 settembre 2014

Coalizione anti-Is: Obama e i generali, scontro per militari sul terreno

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/09/2014

“Obama dove vai?, se gli anfibi dei soldati sul terreno non ce li hai”. I dubbi degli strateghi, davanti alle scelte militari del presidente americano -guerra al Califfato sì, ma solo dal cielo, senza uomini in campo- diventano concreti nelle parole del capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti, generale Martin Dempsey; “Per riconquistare i territori occupati dallo Stato islamico in Siria, serve una forza di 12/15 mila uomini.

Dempsey chiarisce che non pensa a soldati americani, o della coalizione, ma a ribelli siriani: “Sono fiducioso che possiamo addestrarli”, aggiunge il generale, specificando che dovranno, però, avere “dei leader e una struttura politica. E per questo ci vorrà tempo".

In realtà, i militari americani non hanno –comprensibilmente- fiducia nella possibilità che i ribelli siriani ‘moderati’ acquisiscano in breve la forza d’urto e la capacità militare necessarie a contrastare gli jihadisti, che, nonostante i raid aerei, relativamente efficaci contro unità mobili e ben disseminate sul territorio, mantengono una notevole vitalità operativa.

Lo dimostra la vicenda di Kobane, città curda nel Nord della Siria, quasi al confine con la Turchia, accerchiata da giorni. I reporter della Bbc in loco hanno avvertito, la notte scorsa, esplosioni, ma l’attacco aereo non ha allenato la morsa integralista. Circa 150 mila curdi della zona hanno già cercato rifugio in Turchia.

Obama vuole mantenere la promessa di non rimandare truppe in Iraq, ma i generali temono che l’offensiva aerea si riveli inefficace o, almeno, non determinante. E il quotidiano online TheDailyBeast.com si chiede se il presidente e i generali possano viaggiare di conserva: “Obama s’è impegnato a non coinvolgere truppe di terra; i vertici delle forze armate intendono raccomandargli di farlo”. La pensa così Dempsey; e la pensa pure così il capo dell’Esercito, generale Ray Odierno, una lunga esperienza in Iraq.

Giorni fa, il Sunday Times scriveva che, nonostante lo abbia ripetutamente escluso, Obama dovrà, alla fine, inviare "truppe sul terreno" in Siria se vorrà effettivamente riuscire a “indebolire e distruggere" gli integralisti sunniti. La fonte era il deputato repubblicano Peter King, appena aggiornato dai vertici del Pentagono sulla strategia contro l’Is. King, membro della commissione Sicurezza interna e presidente della subcommissione anti-terrorismo e intelligence della Camera, crede che l'Occidente ha di fronte "una lunga e dura guerra".

Questo lo dicono tutti, Obama, Cameron, Renzi, i generali. Certo, le truppe sul terreno non devono necessariamente essere americane o occidentali. Ma sui ribelli siriani, come sui regolari iracheni che, dopo anni d’addestramento e d’equipaggiamento americano, si squagliano davanti alle milizie, non c’è da fare troppo conto.

Una mano potrebbero darla i turchi, che sono soldati tosti: il presidente turco Erdogan, all’inizio defilato rispetto alla coalizione, adesso s’è deciso a entrarci e s’è pure convinto che i raid non bastano e che serve un'azione di terra. Le forze armate turche potrebbero cercare di creare una zona di sicurezza in Siria al confine con la Turchia, arginando gli sconfinamenti di chi fugge dalla guerra. In un'intervista al quotidiano Hurriyet, Erdogan, di ritorno dall’Onu, ha detto che si sta negoziando per determinare chi possa partecipare a un'operazione di terra: "Ogni Paese avrà un proprio compito … Qualunque sia il nostro lo assolveremo". Il Parlamento di Ankara si pronuncerà il 2 ottobre.

In Siria, sono proseguite le missioni aeree Usa e arabe, su obiettivi dell’Is nell’Est del Paese. Testimoni riferiscono di almeno 31 esplosioni nella provincia di Raqqa, la capitale del Califfato. Attacchi sarebbero stati pure compiuti vicino al villaggio di Tadmar, nella provincia di Homs. Sono complessivamente sette gli obiettivi centrati, per il Pentagono.

In Iraq, l'esercito iracheno, che ha ricevuto dalla Russia 10 elicotteri d’attacco, annuncia di avere inflitto alle milizie 70 perdite e di avere ripreso 24 villaggi della provincia sunnita di Diyala, a nord di Baghdad. Due Tornado britannici siano già entrati in azione, dopo il sì di Westminster ai raid: le missioni della coalizione hanno centrato tre obiettivi nella zona di Erbil.

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