Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/09/2014
Dopo quasi 3000 morti, almeno un terzo civili, il
governo ucraino e i ribelli filo-russi dell’Est firmano a Minsk un cessate-il-fuoco
che prelude all'avvio di negoziati. La telefonata di giovedì fatta da Putin a
Poroshenko, dà i suoi frutti. Il Vertice della Nato, a Newport in Galles,
abbozza: l’accordo va “testato”, dice il presidente Usa Obama –e il segretario
generale dell’Onu Ban Ky-moon usa formula analoga. Le contromisure militari
all’ingerenza russa in Ucraina restano; l’inasprimento delle sanzioni dell’Ue
segue il suo iter, ma non diventa effettivo.
Proprio mentre l’intesa di Minsk entra in vigore
–alle 18.00 locali, le 17.00 italiane-, i leader Nato tengono le loro
conferenze stampa: “Difenderemo gli alleati dell’Est”, assicura Obama.
L’impressione, ancora una volta in questa crisi, è che l’Occidente agisca di
rimessa: Putin ha il pallino in mano e lo sposta di continuo.
L'accordo in 14 punti, firmato in presenza di
esponenti russi e dell'Osce, che vigilerà sul rispetto della tregua, prevede
uno scambio di prigionieri –potrebbe avvenire già oggi-. Ma l'esercito di Kiev
e i ribelli filo-russi non si ritireranno dalle loro attuali posizioni:
vantaggio tattico agli insorti, perché i regolari, negli ultimi giorni, hanno
lasciato loro ampie porzioni di territorio.
Obama e tutta l’Alleanza mostrano speranza, ma pure
scetticismo, sugli sviluppi della crisi ucraina. E’ chiaro che, se il
cessate-il-fuoco dovesse reggere, le sanzioni contro la Russia saranno -magari
progressivamente- revocate: ci vorrà tempo
perché il negoziato porti a una soluzione della crisi; e incidenti di percorso,
o ricadute nella tensione, sono sempre possibili.
Trovatosi di colpo a metà del guado tra guerra e
pace nella crisi ucraina, l’Alleanza atlantica adatta alle circostanze la linea
dura anti-Russia prevalente –ma corretta e attenuata da molti europei-. La Nato può invece tirare
diritto contro l’integralismo jihadista: se Putin gioca a metterle il bastone
(della diplomazia) fra le ruote, al-Baghdadi, il califfo di Mosul, le spiana la
strada dello scontro alzando, la vigilia del vertice, il livello della barbarie
terrorista.
Così, Obama può ostentare
soddisfazione annunciando che i Paesi alleati unanimi sono convinti che gli
jihadisti sunniti dello Stato Islamico rappresentino una minaccia. Il presidente
americano ritiene di aver avuto un "significativo sostegno" per
l’azione Usa in Iraq –non si parla dell’invio di truppe, ma di raid e droni- ed
è fiducioso che si arrivi a formare una "vasta coalizione" per
distruggere l’Is. Molto, a suo avviso,
dipenderà dalla capacità del nuovo governo iracheno, che il premier al-Abadi
dovrebbe formare la prossima settimana, di includere e rappresentare tutte le principali
confessioni ed etnie del Paese, sciiti, sunniti, curdi.
Sul fronte ucraino, i protagonisti
del conflitto, che fino a ieri s’ammazzavano, paiono più tranquilli di Nato e
Onu: il Cremlino spera che la tregua sia “rispettata completamente” e che le
trattative conducano a una soluzione pacifica; Poroshenko definisce l’intesa "preliminare",
ma anticipa che Kiev è pronta a garantire alle regioni russofone un ampio
decentramento e autonomia linguistica. C’è
pure chi tiene alti i toni: i separatisti confermano l’obiettivo
dell’indipendenza; il premier Yatsenyuk, più diffidente del presidente, chiede
a Usa e Ue di essere garanti.
Il segretario generale della Nato Rasmussen
annuncia il varo del piano di rafforzamento delle difese dell'Alleanza all’Est dopo
l'ingerenza russa in Ucraina, con la cosiddetta ‘punta di lancia’, una forza di
reazione rapida di 5.000 uomini con cinque basi nei Baltici, in Polonia e in
Romania, capaci d’essere operativi in 48 ore. Di Ucraina nella Nato, o nell’Ue,
non si parla –quasi- più.
Con l’orgoglio del neofita che
esibisce le proprie scoperte di politica internazionale e una dialettica
impacciata, il premier Renzi esorta a "tenere aperto il canale del
dialogo", auspica che in Russia prevalga la saggezza e assicura che, se la
tregua non terrà, le sanzioni dell’Ue scatteranno. L’Italia, infine, è pronta a
partecipare all’azione anti-jihad.
Twitter: @ggramaglia
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