Scritto per EurActiv.it il 30/09/2014
Ci sono le premesse per una generazione di
giornalisti italiani –la prossima- che non confonda più Consiglio europeo e Consiglio
d’Europa, o Corte di Giustizia dell’Ue di Lussemburgo e Corte dei diritti dell’uomo
di Strasburgo, o una direttiva e un regolamento; e che sappia, senza sbagliare andando
a spanne, che il Consiglio dei Ministri è l’organo legislativo dell’Unione
europea, mentre la Commissione è l’Esecutivo, il ‘governo’.
L’esigenza di una migliore preparazione europea dei
giornalisti italiani era già emersa da tempo, ma s’è fatta più acuta da quando –complice
la crisi e il Patto di Stabilità, i tetti al deficit e le previsioni di rientro
dal debito, la dialettica tra rigore e crescita- di Ue sui media s’è cominciato
a parlare più che mai in passato. In modo critico, ma sovente a sproposito: non
per le critiche, che possono pure essere fondate, ma per la mancanza di
conoscenza dei fondamentali di chi dà le notizie –le fonti- e di chi le riporta
–i media, appunto-.
In giro per l’Italia, quest’anno, da Verona a
Catania, da Ancona a Bari, e a più riprese a Roma, ho personalmente constatato l’interesse
suscitato dall’informazione europea, specie fra i giovani. Ma l’esempio più
clamoroso l’ho avuto ieri, a Campobasso, al corso ‘giornalismo e politiche
europee’ organizzato dalla Regione Molise, nell’ambito dell’AdriGov –l’Adriatic
Governance Operational Plan della Euro-Regione Adriatico-Ionica, di cui è
coordinatore Francesco Cocco- in collaborazione con molti altri enti e con il
sostanziale concorso dell’Associazione Tia.
Oltre 150 le domande di iscrizione –non tutte hanno
potuto essere accolte-, oltre cento le persone –giornalisti, ma anche
funzionari e studenti- che affollavano la Sala del Parlamentino del Palazzo
della Presidenza della Regione, ad ascoltare validissimi professionisti dell’informazione
come Giorgio Giovannetti e vari altri e protagonisti di primo piano della comunicazione e
della formazione.
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