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giovedì 11 settembre 2014

Iraq: Obama contro l'Is, "li distruggeremo"

Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/09/2014

Il presidente Obama chiederà al Congresso degli Stati Uniti di armare e di addestrare l’opposizione siriana moderata per combattere lo Stato islamico. E intensificherà i raid contro le milizie jihadiste, aumenterà il sostegno ai peshmerga curdi e al nuovo governo iracheno, che resta da vedere se sarà, nei fatti, meno imbelle e più inclusivo del vecchio.

Obama, l’uomo del dialogo, sceglie l’anniversario dell’11 Settembre per annunciare le modalità dell’attacco al Califfato, che semina, sul terreno e sul web, odio e orrore e minaccia l’Occidente. Così, il Nobel per la pace va alla guerra, con più determinazione, forse, di altre volte, Libia 2011 o Siria 2013. Il lungo conflitto contro il terrorismo del suo predecessore, cui lui voleva porre termine, ricomincia: sarà in tre fasi, durerà “almeno tre anni” e sarà un suo lascito al suo successore.

Con una differenza: niente truppe di terra, solo aerei e droni; e consiglieri militari, centinaia. Fin che regge. Cominciò così pure il Vietnam: una lezione che, forse, gli Stati Uniti hanno imparato.

L’idea è un cane che si morde la coda almeno da un secolo nel girone infernale del Medio Oriente: armare i nemici dei miei nemici, sperando che poi siano miei amici. Salvo poi scoprire –Saddam contro l’Iran nel 1980, i talebani contro i russi in Afghanistan, le milizie contro Gheddafi in Libia- che non lo sono, anzi che sono nemici peggiori di quelli che li abbiamo aiutati a cacciare.

In Siria, il sentiero è strettissimo: contro il regime di al-Assad, si battono gli integralisti e i moderati, che Obama vuole armare e che oggi sul terreno le prendono sia dagli jihadisti sia dai lealisti. Meglio equipaggiati, i moderati dovrebbero disfarsi degli integralisti, facendo però un favore al regime, spettatore dello scontro fra i suoi nemici. Nulla è semplice in quel ginepraio d’odi atavici, tensioni religiose e rivalità per il potere.

Le intenzioni di Obama, ufficialmente svelate in un discorso alla Nazione  alle 21.00 di Washington, le 3 del mattino in Italia, sono state anticipate dalla stampa americana e illustrate in una riunione del gabinetto di guerra. Il comandante in capo vuole allargare le operazioni aeree al territorio siriano, dopo avere già dato via libera ai cacciabombardieri e ai droni contro obiettivi jihadisti in Iraq. Gli Stati Uniti, inoltre, armano i peshmerga e inviano istruttori all’esercito iracheno –una fatica di Sisifo, che va avanti senza costrutto almeno dal 2005-.

Il presidente, assicura Michele Flournoy, ex sottosegretario alla Difesa, è determinato a combattere l'Is "dovunque siano i suoi obiettivi strategici": "Non è un'organizzazione che rispetta i confini, non possiamo lasciarle rifugi sicuri", spiega. Sul NYT, si parla “d’una campagna di lungo periodo molto più complessa degli attacchi mirati contro al Qaeda in Yemen, Pakistan e altrove".

La maggioranza degli americani chiede al presidente di agire con più determinazione contro quella che 9 cittadini su 10 ritengono una "seria minaccia". In un sondaggio per il WP, il 52% ritiene che Obama debba abbandonare "l'eccessiva cautela" fin qui adottata, solo il 35% ne approva l’operato. Il 71% considera giusti i raid in Iraq e il 65% pensa che debbano essere estesi alle roccaforti dell’Is in Siria. Un altro sondaggio conferma che, per la prima volta dall’inizio del suo mandato, Obama non ha il sostegno della maggioranza degli americani in politica estera.

Il Congresso è in sintonia con l'opinione pubblica. E molti repubblicani sarebbero persino favorevoli a un ritorno delle truppe in Iraq. L’influente senatrice Dianne Feinstein si pone "il problema di quanto durerà" la nuova guerra, che è poi la vecchia.

Obama parla agli americani, il segretario di Stato Kerry ai potenziali alleati: in Arabia saudita, vede i colleghi dei Paesi arabi per formare una vasta coalizione contro lo Stato Islamico, dopo l’ok Nato la scorsa settimana. “Li elimineremo”, dice. E La Lega araba ha già dichiarato guerra all’Is.

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