Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/01/2015
Sul calendario
del 2015, le bandierine degli impegni internazionali a priori di primaria
importanza sono rare: Vertici sulla carta di routine, del G20 e del G8,
dell’Ue, dell’Apec e dell’Asem; nessun appuntamento elettorale decisivo in
grandi Paesi; manco le Olimpiadi o i Mondiali. Un anno senza colonna dorsale e
senza emozioni? Ci penserà la cronaca di sicuro, a metterci i brividi; ed è
invece il clima a fornire una ‘stella polare’ alla diplomazia mondiale nei
prossimi 12 mesi.
Il Vertice di
Parigi di dicembre è l’occasione oggi considerata “decisiva” per un’intesa
globale che combatta il riscaldamento atmosferico e, quindi, i cambiamenti
climatici: una sfida universale che richiede una risposta planetaria. Le grandi
manovre in vista di quella scadenza sono già cominciate: a novembre, c’è stata
un’intesa tra Usa e Cina, i due più grandi ‘inquinatori’; e a dicembre, c’è
stata la Conferenza di Lima, dove 196 Paesi hanno definito un calendario di
decisioni e azioni verso l’incontro di Parigi.
L’Unione
europea, da sempre battistrada mondiale sul fronte della lotta
all'inquinamento, rispetto alle esitazioni americane ed alle reticenze cinesi e
dei Paesi emergenti, ha confezionato a sua volta un pacchetto negoziale, per la
riduzione delle emissioni e la promozione delle fonti d’energia rinnovabili.
Tutti elementi, sulla carta, positivi, pur se scienziati e ambientalisti li
giudicano spesso inadeguati; e che comunque non bastano a garantire il successo
del Vertice di Parigi, tanto più che la strada del ‘dopo Kyoto’ è seminata di
incontri fallimentari.
L'accordo di Lima prevede una serie di
azioni che dovranno però essere ratificate a Parigi e vincola i singoli Paesi a
definire e presentare entro il 1° ottobre i piani di riduzione delle emissioni
nazionali, piani che devono essere “chiari, trasparenti, comprensibili” e pure
“equi e quantificabili”.
L’Ue considera le conclusioni di Lima come
un "passo avanti" verso un accordo globale a Parigi: un’intesa che
viene enfaticamente annunciata come “la più ambiziosa mai raggiunta nella
vicenda del cambiamento climatico, con l’obiettivo di limitare il riscaldamento
atmosferico a non oltre 2 gradi centigradi”. Salvo poi ridurre l’enfasi e le
ambizioni all'avvicinarsi della trattativa cruciale, come è altre volte
avvenuto; e ridursi a spostare le attese verso un successivo appuntamento.
Il capo della delegazione dell’Unione a
Lima, il commissario per l'Azione climatica Miguel Arias Canete, uno spagnolo,
ammette che i 28 avrebbero voluto "un risultato più ambizioso", ma tranquillizza:
“Siamo sui binari giusti e in orario per un successo a Parigi”. La nuova
Commissione manda, del resto, indicazioni contraddittorie: mostra, nella sua
composizione, d’avere ben compreso il rapporto tra ambiente ed energia; ma
annuncia poi il ritiro di una serie di proposte ambientali, che i ministri dei
28 giudicano un “segnale negativo” rispetto allo “spirito di Lima”.
Visioni globali a lungo termine e
interessi economici, commerciali, energetici a breve termine s’intersecano
sulla via del Vertice di dicembre. I Paesi emergenti contestano a quelli già
ricchi di volere condizionare il loro sviluppo. E il Fondo Verde per il Clima,
che dovrebbe disporre di 100 miliardi di dollari di qui al 2020, è al momento
finanziato solo con 10: “Da dove verranno i 90 mancanti”, s’interrogano le
organizzazioni ambientaliste. Parigi dovrà rispondere anche a questo
interrogativo, forse a troppi.
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