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venerdì 9 gennaio 2015

Charlie Hebdo: Francia, Marine Le Pen mette la freccia di sorpasso

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 09/01/2015

Marine Le Pen vuole “dare ai francesi la possibilità di pronunciarsi con un referendum sulla pena di morte”: “Personalmente, penso che questa possibilità debba esistere”. Il tweet della leader del Front National apre un nuovo capitolo nel dibattito politico francese, dopo la strage di mercoledì a Charlie Hebdo.

A caldo, la Le Pen s’era detta “inorridita” dall’attentato nel cuore di Parigi: aveva sollecitato tutti i francesi a schierarsi a difesa della libertà di stampa e aveva affermato: "Bisogna dire basta all'ipocrisia e chiamare le cose col loro nome: è una strage perpetrata dall'integralismo islamico". Dichiarando, però, fiducia, nel contempo, a quei musulmani cittadini francesi che stanno al gioco delle regole.

La leader dell’estrema destra francese, alternativa alla ‘destra repubblicana’ erede di De Gaulle, è attenta a puntare su un tema che, in questo momento, può piacere alla maggioranza dei francesi: il ritorno della ghigliottina, che, in Francia, calò per l’ultima volta il 10 settembre 1977, facendo rotolare la testa di Hamida Djandoubi, un tunisino che aveva torturato e ucciso l’ex fidanzata.

Nel 1981, da poco eletto, il presidente François Mitterrand abolì la pena di morte: il ministro della giustizia socialista Robert Badinter coronava così la sua personale crociata anti-esecuzioni. Oggi, nessun Paese dell’Unione europea prevede la pena di morte, ma attacchi terroristici come quello di mercoledì a Parigi - 12 morti, 14 feriti – suscitano tentazioni da legge del taglione nell’opinione pubblica.

Per la Le Pen, questa è l’occasione per mettere la freccia e occupare la corsia di sorpasso, in vista delle elezioni presidenziali della primavera 2017, che sono il suo obiettivo, dopo il successo nelle europee di maggio –favorito dall’impopolarità di Ue ed euro-. I francesi si fermano ad elaborare dolore, paura, rabbia, mentre le campane di Notre Dame battono a morto; e ascoltano gli appelli all’unità simboleggiati dall’incontro all’Eliseo tra François Hollande e Nicolas Sarkozy.

Quell’immagine di due figure senza carisma e senza autorevolezza esalta la ‘presidenziabilità’ della Le Pen, che è più abile del padre a coagulare consensi al di là della cerchia tradizionale dell’estrema destra xenofoba e populista. Eppure, il vecchio Jean.Marie, oggi 87 anni, seppe arrivare al ballottaggio nel 2002, profittando del harakiri politico dei socialisti di Lionel Jospin – perse poi 80 a 20 o giù di lì contro Jacques Chirac -.

A France 2, Marine Le Pen annuncia che, quando sarà presidente, nel 2017, indirà un referendum sulla pena di morte: si svolgesse oggi, potrebbe persino vincerlo. I francesi –dice- hanno il diritto di decidere: “Io penso che la pena capitale debba esserci, nel nostro arsenale giuridico, lasciando, evidentemente, ai giurati la decisione se ricorrervi per i crimini più odiosi”.

E la Le Pen s’indigna per non essere stata invitata alla “marcia repubblicana” anti-terrorismo, che si svolgerà domenica: “Non cederò al ricatto del silenzio … Se non mi vogliono, non ci andrò”. I socialisti spiegano: non la invitiamo perché il Front National “divide il Paese, gioca con la paura e punta il dito contro i cittadini musulmani”.

L’orrore dell’attentato e la gestione della situazione, consentono alla Le Pen di scrollarsi di dosso qualche scandaletto che l’aveva infastidita negli ultimi tempi: la rivelazione, imbarazzante per un movimento dalle venature omofobe, che uno dei suoi vice, Florian Philippot, è gay; e ancora l’espulsione di due militanti che avevano sabotato un discorso a Bordeaux di Louis Aliot, compagno di Marine, ‘purgandolo’ abbondantemente.


Del ripristino delle esecuzioni, non si parlerà di sicuro nel vertice straordinario "anti-terrorismo" dei ministri dell'Interno e della Giustizia Usa ed Ue, domenica, a Parigi: obiettivo, individuare e coordinare una strategia comune contro l’estremismo islamico. Al centro dei colloqui, secondo fonti di Washington, la questione dei cosiddetti "foreign fighters" (i cittadini occidentali che vanno a battersi per il Califfato in Siria o in Iraq e che tornano in patria addestrati ad uccidere).

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