Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/01/2015
Non invitati domenica alla
marcia per la libertà, senza voce nel dibattito all’Assemblea nazionale: per i
francesi che sostengono il Front National, un elettore su quattro alle Europee
di maggio, quando il partito di Marine Le Pen fu il più votato, sono i giorni
dell’emarginazione. Non c’è nulla di sorprendente: in Parlamento, i deputati FN
si contano sulle dita di una mano; e, subito dopo l’attacco terroristico contro
Charlie Hebdo, la Le Pen s’è un po’ messa ai margini da sola, non stando al
gioco dell’unità nazionale per la fretta eccessiva di ‘capitalizzare’ la strage
integralista.
Ieri, la commemorazione
delle vittime all’Assemblea nazionale è stata un trionfo di quello che qui chiamano
‘spirito repubblicano’ -la Francia, prima di tutto-: i deputati tutti in piedi ad
applaudire per oltre un minuto quando il primo ministro Manuel Valls, rendendo
omaggio alle vittime dei terroristi, ha ricordato i caduti delle forze
dell’ordine – tre, i cui funerali si sono svolti sempre ieri -.
Poi, c’è stato un
minuto di silenzio per tutti i 17 morti ammazzati dei giorni scorsi, a Charlie
Hebdo, nelle strade di Parigi, in un supermarket ebreo. E dopo ancora tutti in
piedi a cantare la Marseillaise: una scena inedita dal 1918, dalla fine della
Grande Guerra, con l’emiciclo gremito.
Prima di sciogliere la
seduta, l’Assemblea ha approvato la prosecuzione
dell'intervento in Iraq, dove i cacciabombardieri francesi partecipano ai raid
contro le milizie del sedicente Califfato: una prova in più che la Francia non
ha paura e non si fa piegare.
Le esequie a Parigi dei poliziotti uccisi si
sono svolte contemporaneamente a quelle a Gerusalemme dei quattro ebrei
assassinati giovedì da Amedy Coulibaly. Ahmet Merabet, l’agente musulmano,
finito con un colpo di grazia da uno dei fratelli Khouachi, mentre era ferito,
a terra, davanti alla sede del settimanale satirico, è stato sepolto nel
cimitero musulmano di Bobigny: lì, alla sala di preghiera, il rettore della Grande Moschea di Parigi Dalil
Boubakeur ha stretto la mano a un rabbino che rappresentava la comunità ebraica
parigina.
Il presidente Hollande ha consegnato la
‘legion d’onore’ postuma ai familiari dei tre poliziotti: oltre a Merabet, 40
anni, Franck Brinsolaro, 49 anni, e Clarissa Jean-ilippe, 27 anni. “Clarissa,
Franck, Ahmed sono morti perché noi potessimo continuare a vivere liberi”, ha
detto Hollande, assicurando che la Francia “non cederà e non si piegherà mai” ed
anzi “resta in piedi di fronte alla minaccia, che c’è ancora, all'interno e
all'estero”. Valls ha ribadito che i francesi stanno combattendo una guerra
“contro il terrorismo, i jihadisti, l’integralismo, non contro una religione”.
La prossima settimana, agli Invalidi, il
tempio degli eroi di Francia, ci sarà una cerimonia nazionale per tutte le
vittime degli attacchi terroristici.
La Le Pen s’è tenuta lontana da tutto ciò:
ieri, era a Strasburgo, al Parlamento europeo, dove ha sostanzialmente
sostenuto che l’Ue è corresponsabile delle stragi di Parigi perché, aprendo le
frontiere intra-europee, con gli accordi di Schengen, ha indebolito le difese
della Francia contro terrorismo e fondamentalismo.
Il sussulto di fierezza nazionale dopo gli attacchi omicidi sembra, però, avere spazzato via l’atteggiamento rassegnato dei francesi, di fronte alla crisi e all'insicurezza, che rappresentava terreno fertile per populisti e anti-europeisti. Per quanto a lungo, non si sa.
Il sussulto di fierezza nazionale dopo gli attacchi omicidi sembra, però, avere spazzato via l’atteggiamento rassegnato dei francesi, di fronte alla crisi e all'insicurezza, che rappresentava terreno fertile per populisti e anti-europeisti. Per quanto a lungo, non si sa.
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