Scuola di giornalismo all’Ifg di Urbino: la classe dei praticanti 2014-’16 deve tratteggiare un profilo del presidente che verrà, tenendo conto della lettera della Costituzione, oltre che di dichiarazioni e ‘desiderata’ delle forze politiche. Nei loro articoli, le espressioni che più ricorrono sono “arbitro” - c’è chi aggiunge “imparziale”, il che appare superfluo, perché l’arbitro è tale per definizione -, “personalità super partes”, “simbolo dell’unità nazionale”, non necessariamente un politico, figura “di alto profilo e grande spessore”, dotata “di prestigio nazionale e internazionale”. Molti ricordano i principi d’alternanza politica –dopo un uomo di sinistra un cattolico o un conservatore- o di genere –una donna-. Quasi tutti insistono sulla necessità che il nuovo presidente non sia “divisivo”.
A leggerne i pezzi, i futuri colleghi hanno la stoffa da
cronisti politici: giochi di partito e calcoli d’interesse non lasciano (quasi)
spazio a fresche utopie. Il successore di Giorgio Napolitano deve non incappare
in una serie di veti incrociati e soddisfare un mosaico di condizioni, se quel
che dicono leader e partiti conta.
Di sicuro, il presidente che verrà dovrà essere
riconoscibile e bene accetto ai cittadini italiani – che non dovrebbero
chiedersi ‘chi è?’, affondando nei ricordi per ritrovarne memoria, com’è il
caso d’alcuni riesumati della Prima Repubblica i cui nomi servono forse solo a
fare cortina di fumo – ed anche riconoscibile e rispettato dai leader europei e
internazionali.
Ci sono Paesi, come la Germania, la cui credibilità
internazionale si riflette sul loro presidente, quale che egli sia. E ci sono
Paesi, come l’Italia, che devono contare pure sulla credibilità personale del
loro presidente per ancorare la loro vacillante credibilità internazionale.
Se questi due criteri –riconoscibilità nazionale e
credibilità internazionale- sono importanti, molti dei nomi che circolano
s’elidono da soli. Due che sicuramente superano bene la ‘prova finestra’ della
credibilità internazionale sono Romano Prodi, presidente della Commissione
europea e poi inviato dell’Onu, e Mario Draghi, che è presidente della Banca
centrale europea. Entrambi si sono chiamati fuori, ma i no preventivi sono
spesso difensivi.
Con loro, una donna: Emma Bonino, conosciuta e rispettata in
Europa e nel Medio Oriente, un’italiana tosta e decisa e capace di pensare con
la propria testa - anche troppo, per i parametri della politica nostrana -.
Oggi, però, è facile accantonarla: la Bonino sta combattendo un tumore, una
battaglia che assorbe tempo ed energie. Forza Emma!
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