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domenica 11 gennaio 2015

Charlie Hebdo: lo Yemen un perno della geografia del terrore di al Qaida

Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/01/2015

Un esponente di al Qaida in Yemen rivendica l'attacco contro Charlie Hebdo: una strage a Parigi, 12 morti per "vendicare l'onore" di Maometto. Un uomo che resta anonimo incontra un reporter dell’Ap al Cairo e gli dà una dichiarazione in inglese, che dice, fra l’altro: "la leadership di Aqap, -la sigla di al Qaida in Yemen, ndr- ha diretto le operazioni scegliendo con cura l'obiettivo".

L’attendibilità della rivendicazione, tardiva e non unica, è al vaglio degli inquirenti. Ma non c’è dubbio che lo Yemen sia uno snodo di questa vicenda: di lì sono transitati e lì sono stati indottrinati e si sono addestrati molti, se non tutti, i protagonisti.

Secondo la fonte del Cairo, gli attacchi in Francia sono coerenti coi moniti all 'Occidente ancora formulati da Osama bin Laden sulle “conseguenze della persistenza della blasfemia contro” l’Islam. La rivendicazione sarebbe stata ritardata per "ragioni di sicurezza".

Il governo dello Yemen ha comunque aperto un'inchiesta sui collegamenti tra Aqap e il massacro a Charlie Hebdo. L’annuncio è stato fatto dal Mohammed Albasha, un portavoce dell’ambasciata di Sanaa a Washington.

Lo Yemen torna così in primo piano nella geografia del terrore. In realtà c’è sempre stato, almeno da quando entrò nelle cronache degli attacchi suicidi contro obiettivi occidentali: il 12 ottobre 2000, un anno prima dell’attacco all’America dell’11 Settembre 2011, un’imbarcazione imbottita d’esplosivo s’accostò al cacciatorpediniere Usa Cole all’ingresso nel porto di Aden, dove doveva rifornirsi.

Nella deflagrazione, 17 marinai americani furono uccisi e 39 rimasero feriti: fu l’attacco più cruento in tutto il dopoguerra contro una nave da guerra Usa dopo l’incidente alla fregata Stak, colpita per errore nel Golfo da due missili iraniani il 17 maggio 1987, durante la guerra tra Iran e Iraq -37 i morti, 21 i feriti a bordo-.

Dalla fine del XX Secolo, lo Yemen offre santuari ai terroristi di al Qaida, che il loro comando sia in Sudan, prima, o in Afghanistan, poi, o tra le montagne del Pakistan, ora: qui ci sono basi d’addestramento e terreno fertile per il reclutamento e l’indottrinamento. Le relazioni ufficiali con l’Occidente sono sempre ambigue: il governo di Sanaa è formalmente alleato di Washington e i servizi d’intelligence yemeniti apparentemente collaborano, però in un clima più di diffidenza che di fiducia.

Sono stati agenti yemeniti a riferire che uno dei due fratelli autori della strage di Charlie Hebdo aveva incontrato proprio in Yemen l'imam radicale Anwar al Awlaki, ucciso nel settembre 2011 da un drone Usa. Said Kouachi passò mesi in Yemen nel 2011 per farvi “studi religiosi”. Non è chiaro se l'uomo vi abbia anche ricevuto una preparazione terroristica. S’è poi appreso che pure Coulibaly e la sua compagna hanno soggiornato nello Yemen e vi si sono addestrati.

Awlaki, di origine yemenita, ma nato negli Stati Uniti, in New Mexico, lanciava appelli alla jihad sul web in un inglese impeccabile ed esercitava una grande influenza sui suoi adepti: era il capo delle operazioni esterne di Aqap ed era il numero 3 nella lista dei ricercati dalla Cia più temibili. Fu forse lui a preparare tra il 2005 e il 2008 Umar Farouk Abdulmutallab, il giovane nigeriano che nel dicembre 2009 tentò di fare esplodere un Airbus A330 in volo da Amsterdam a Detroit con esplosivo nascosto nella biancheria intima.

Instabilità e contraddizioni della situazione interna allo Yemen sono testimoniate dallo stillicidio d’attentati, cui, però, la stampa europea presta poca attenzione. Così il Paese resta meta di turisti, regolarmente rapiti e i cui riscatti rimpinguano anche le casse dei terroristi.

Il Paese è nel caos, dopo l’ uscita di scena nel 2012 del presidente Saleh. Il giorno del massacro di Parigi, il 7 gennaio, un attacco kamikaze con un’autobomba, contro l’accademia di polizia nella capitale, ha fatto almeno 37 morti e 86 feriti. Era il terzo grosso attentato da inizio anno.
Ieri, migliaia di persone hanno manifestato a Sanaa contro i ribelli sciiti Huthi, che da settembre controllano la città, e contro il presidente Hadi, accusato di non avere saputo impedire il collasso delle istituzioni dopo le dimissioni di Saleh e di non aver arginato il proliferare di Aqab.

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