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giovedì 29 gennaio 2015

MO: Israele, le frontiere tornano incandescenti, tiri, vittime

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Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/01/2015 

“Chi ci sfida, ricordi che cos’è successo a Gaza”. Benjamin Netanyahu, premier israeliano, non usa perifrasi per annunciare agli Hezbollah l’ineluttabilità della ritorsione, dopo che un veicolo militare israeliano è stato colpito da un missile anti-carro lungo il confine tra Libano e Israele: due soldati israeliani e un casco blu spagnolo sono rimasti uccisi, almeno sette militari sono feriti, riferiscono fonti ufficiali. La tv Al-Arabiya parla di quattro soldati uccisi e di numerosi veicoli danneggiati.

La missione Unifil sul confine tra Libano e Israele conta 10mila uomini di 36 diversi Paesi, fra cui circa 600 spagnoli e 1.100 italiani. Le unità sono state invitate a restare nelle loro basi, mentre l’Onu invita le parti “alla massima moderazione” e la Spagna chiede un’inchiesta sull’accaduto: il suo militare è stato vittima della ritorsione israeliana.

Le frontiere di Israele tornano incandescenti, mentre tutto il Medio Oriente, dalla terre del Califfo alla Libia, è scosso da convulsioni di guerra. E l’imminenza delle elezioni politiche israeliane non autorizza nessun ottimismo sulla moderazione della risposta alla provocazione; anzi, c’è il rischio d’una escalation. Il ministro degli esteri israeliano Avigdor Liebermann ha detto che la reazione “dovrà essere sproporzionata”. E, con una lettera al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Israele mette le mani avanti, riaffermando il diritto all’autodifesa, mentre le forze armate annunciano “un’offensiva coordinata”.

L'attacco è avvenuto nella zona di Har-Dov, nei pressi del villaggio di Ghajar. Colpi di mortaio sono caduti nell’area di Kfar Rajar e sul Monte Hermon. Proiettili hanno pure colpito postazioni fortificate israeliane sulle alture del Golan, ma senza fare né vittime né feriti.

L'azione è stata rivendicata dagli Hezbollah: il movimento sciita libanese, sostenuto dall’Iran e alleato in Siria del presidente al Assad, avrebbe avviato una "grande operazione", una vendetta dopo il raid israeliano contro un convoglio in Siria del 18 gennaio in cui erano morti diversi miliziani libanesi, tra cui il figlio dell'ex comandante dell'ala militare di Hezbollah, e un generale dei pasdaran iraniani.

Israele sta cercando, in questi giorni, di fare saltare i negoziati con Teheran sul programma nucleare iraniano e per ridurre le sanzioni contro il regime degli ayatollah.

Immediata la risposta, con tiri oltre frontiera di decine di colpi di artiglieria, nelle aree dei villaggi di Majidiyeh, Abbasiyeh e Kfar Chouba. Il capo di Stato maggiore Benny Gantz ha convocato una riunione d’emergenza per valutare la situazione. Fonti ufficiali affermano che non sono stati rapiti soldati: l'ipotesi di un tentativo di sequestro era inizialmente circolata, foriera di ulteriori tensioni e di anni di trattative.

La notte scorsa, jet israeliani avevano colpito postazioni dell'esercito siriano sulle alture del Golan,  annesse da Israele nel 1981, rispondendo al lancio, per fortuna senza conseguenze, di due razzi dal territorio siriano in una zona abitata dalla minoranza . L’incursione era solo un’avvisaglia di quanto sarebbe successo nelle ore successive. Il colonnello Peter Lerners, portavoce dell’Esercito, spiega: "Riteniamo il governo siriano responsabile per tutti gli attacchi che partono dal suo territorio e opereremo con tutti i mezzi necessari per difendere i civili israeliani".

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