Scritto per LaPresse lo 07/12/2015
Sarebbe
comodo potere pensare che il successo del Front National nelle regionali
francesi di domenica sia un frutto della paura, dopo le carneficine compiute a
Parigi, il 13 novembre, da terroristi integralisti. Ma i sondaggi ci dicono che
il Califfo ha regalato a Marine Le Pen due o tre punti percentuali; soltanto.
Il resto di quel 28% circa è tutta roba sua. O nostra:
l’insoddisfazione per una ripresa economica ancora troppo lenta, diseguale e
discontinua, che tiene la qualità di vita degli europei al di sotto degli
standard del 2008, con poche eccezioni (e i francesi non sono fra queste); l’incapacità
ormai comprovata di grandi partiti tradizionali - in Francia, i socialisti e la
destra repubblicana - di dare risposte alle attese dei cittadini; l’inadeguatezza
dell’Unione europea, i cui meccanismi, invece d’innescare pulsioni idealistiche,
suscitano ostilità enti-burocratiche; l’emergenza migrazioni, che è più
emergenza là da dove si parte che dove si arriva, ma che governi ed elettori affrontano
lo stesso in ottica di tutela invece che di accoglienza, incuranti di quanto
gravi siano le nostre responsabilità per quanto sta accadendo e di quanto
bisogno abbiano le nostre società in decadenza demografica d’energie produttive.
Di qui alla pausa di Natale, l’Unione europea avrà
altre due chiamate elettorali. Una è il ballottaggio in Francia, che dirà se e
quanto tiene lo ‘spirito repubblicano’, che nel 2002 fece argine all’avanzata
di Jean-Marie Le Pen verso l’Eliseo, di fronte alle avanzate regionali – meno istituzionalmente
rilevanti - delle Le Pen zia, Marine, la leader, e nipote, Marion, signore
rispettivamente del Nord e della Costa Azzurra. L’altra sono le politiche in
Spagna, dove il panorama partitico è più frastagliato ed è ulteriormente
frammentato dalle pulsioni indipendentiste –specie della Catalogna-, ma dove i
due partiti tradizionali, i popolari e i socialisti, paiono vivore, come in
Francia, una crisi di credibilità e di richiamo.
Mentre la galassia composita dei populisti e
qualunquisti, con il minimo comune denominatore dell’euroscetticismo, festeggia
dall’Olanda all’Inghilterra – la Scozia ha gli anticorpi per evitare contagi -,
dai Paesi Nordici a quelli approdati nell’Unione dall’esperienza comunista, il
disarmo e l’affanno dei partiti tradizionali è testimoniato dalla fiacchezza
delle parole d’ordine di riscossa e dalla mancanza di strategia, in Francia,
verso gli spareggi.
Se nazionalismi e xenofobie possono essere considerati
“sindromi suicide” dell’Europa al bivio sulla scena globale tra integrazione e
irrilevanza, manca un disegno politico che dia coesione e coerenza alle scelte
dell’Unione: la Germania è leader dell’austerità in economia e dell’apertura
verso i migranti; la Francia guida la risposta militare alla minaccia
terroristica; la Gran Bretagna pensa a trarre vantaggio dal negoziato sul
Brexit; l’Italia, la Spagna, la Polonia, gli altri tre grandi, non fanno il
peso da soli e non fanno gruppo, anzi sono più che mai divergenti su molte
scelte.
La Commissione europea e le Istituzioni comunitarie,
com’è prassi dopo le consultazioni nazionali, evitano i commenti. Sandro Gozi,
sottosegretario agli Affari europei, si propone di procedere “ancora più decisi”
sulla strada delle riforme, che, però, non ha finora portato lontano.
Gianni Pittella, capogruppo S&D al Parlamento europeo, dice che la Le Pen vince “per un eccesso d’austerità” dell’Unione. E tutto intorno, tra Bruxelles e Strasburgo, è un proliferare di formule: tornare all’Europa dei valori, ascoltare il campanello d’allarme –ma mica è la prima volta che squilla!-, spingere di più per la crescita, “sicurezza e lavoro sono le risposte giuste agli ‘ismi’ dell’Unione 2015”. Già, crescita, lavoro, solidarietà, sicurezza: se non ci sono, non c’è Europa.
Gianni Pittella, capogruppo S&D al Parlamento europeo, dice che la Le Pen vince “per un eccesso d’austerità” dell’Unione. E tutto intorno, tra Bruxelles e Strasburgo, è un proliferare di formule: tornare all’Europa dei valori, ascoltare il campanello d’allarme –ma mica è la prima volta che squilla!-, spingere di più per la crescita, “sicurezza e lavoro sono le risposte giuste agli ‘ismi’ dell’Unione 2015”. Già, crescita, lavoro, solidarietà, sicurezza: se non ci sono, non c’è Europa.
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