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venerdì 18 dicembre 2015

Ue: Vertice; Brexit, migranti, quando nessuno vuole litigare né decidere

Contributo confluito in pezzo a quattro mani per Il Fatto Quotidiano del 18/12/2015

E’ un Vertice di fine anno e di fine presidenza – la lussemburghese -, senza decisioni da prendere con l’acqua alla gola: i leader dei 28 ci arrivano – tutti, si direbbe, tranne uno, l’attaccabrighe italiano- senza voglia di litigare. La notizia dell’accordo in Marocco per la formazione di un governo di unità nazionale libico dà anzi loro un’occasione per rallegrarsi un po’ ipocritamente (lo sanno tutti che l’intesa è fragile, ma tanto vale fare finta di crederci).

Sui due temi della prima giornata del Consiglio europeo, l’immigrazione e il Brexit, cioè un percorso che eviti l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, le decisioni o non sono mature – il Brexit - o sono già state prese e si tratta solo di monitorarne l’attuazione, finora insoddisfacente – l’immigrazione -.

Brexit - Ai colleghi, il premier britannico Cameron ha presentato le sue richieste per arrivare al referendum del 2017 sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea potendo invitare i suoi cittadini a non uscire dall’Ue: quattro i capitoli del negoziato da intavolare, la competitività, la governance, la sovranità e quella che i britannici chiamano immigrazione, ma che in realtà è la libera circolazione. Alla vigilia dell’incontro, il presidente del Vertice, il polacco Donald Tusk, ha già risposto a Cameron: qualcosa si può fare; qualcos’altro, come la libera circolazione, non si può toccare. Parliamone e cerchiamo di trovare un’intesa entro febbraio: qui si tratta di fare melina, spiegare ognuno come la pensa e aspettare l’evoluzione della trattativa, anche se la delegazione britannica si presenta pronta a fare l’alba.

L’iniziativa dell’Italia di mettersi in tandem con la Gran Bretagna, con una lettera congiunta dei ministri degli esteri Gentiloni e Hammond ai colleghi e alle Istituzioni, non è risultata gradita, specie a Berlino e Parigi, perché altera gli equilibri di partenza del negoziato. Che, poi, neppure si capisce che cosa l’Italia ci guadagni, a stare a braccetto con la Gran Bretagna – ma la tentazione è ricorrente e trasversale: Berlusconi, Monti, Renzi, tutti ci cascano -. Il presidente della Commissione Juncker avverte che l’accordo dev’essere equo per Londra, e pure per gli altri partner, mentre un sondaggio dice che una maggioranza dei britannici voterebbe oggi per uscire dall’Ue –ma di qui a un anno e mezzo molto può cambiare-.

Migranti - Sull’emergenza immigrazione, le decisioni sono già state prese all’inizio dell’autunno, sotto l’impulso della cancelliera tedesca Merkel, la ‘cancelliera del Mondo libero’ avrebbe poi decretato Time, anche se l’Italia cercò di mettere il suo timbro su quelle misure: redistribuzione di 160 mila rifugiati da Italia e Grecia negli altri Paesi Ue e creazione di 11 hotspot mediterranei.

Due mesi dopo, il bilancio delle cose fatte è modesto: meno di 200 richiedenti asilo ricollocati a due hotspot aperti; per contro, procedure d’infrazione a raffica aperte da Bruxelles per le inadempienze di vari governi e mal digerite, specie dall’Italia.

Va invece avanti l’idea di rafforzare la protezione delle frontiere esterne dell’Unione europea, affidando un ruolo all’Ue: una misura dettata dal timore d’infiltrazioni terroristiche più che dal desiderio d’intercettare migranti illegali.

La discussione corale sui migranti è preceduta da un ‘triangolare’ Commissione – Germania – Turchia, dopo gli accordi tra i 28 ed Ankara perché si prenda cura, con tre miliardi di soldi europei, dei quasi due milioni di rifugiati siriani sul proprio territorio. Si ripete pure il consulto fra Paesi interessati al flusso balcanico, da cui l’Italia è tenuta fuori.

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