Sul palco di The Venetian a Las Vegas, questa volta è scontro senza
quartiere tra i candidati repubblicani alla nomination alla Casa Bianca: a sei
settimane dall’inizio delle primarie, tutti contro tutti sui temi caldi del
momento, sicurezza e lotta al sedicente Stato islamico. Le ricette sono molto
diverse, più o meno interventiste. E c’è Jeb Bush finalmente capace di fare
perdere le staffe a Donald Trump senza perdere lui la bussola; e ci sono gli
emergenti Ted Cruz e Marco Rubio impegnati ad azzannarsi l’un l’altro.
A ricordarsi che l’avversario da battere, l’8 novembre 2016,
l’Election Day, sarà la candidata democratica Hillary Clinton è praticamente
solo Carly Fiorina, l’ex ad di HP, l’unica donna, che la chiama in causa e la
accusa di essere, con il presidente Barack Obama, responsabile della nascita
dell’autoproclamato Califfato.
Le luci della diretta televisiva si accendono sul palco di
Las Vegas mentre gli Stati Uniti sono appena usciti dall’incubo di un attentato
a Los Angeles: tutte le scuole sono rimaste chiuse martedì. A conti fatti, è
stato un falso allarme, ma è la conferma di quanto il livello di guardia sia
alto nell’Unione. E, infatti, si discute soprattutto di paura e di sicurezza.
I senatori Cruz, del Texas, e Rubio, della Florida, entrambi
ispanici, ed entrambi in crescita, si scontrano praticamente su tutto,
intervento militare, sicurezza interna, immigrazione, mentre Trump, il
battistrada della corsa, sostiene le più controverse delle sue posizioni, come
mettere i musulmani al bando dagli Usa e chiudere internet: “Non stiamo
parlando di isolamento, ma di sicurezza. Non stiamo parlando di religione, ma
di sicurezza”.
Bush, fin qui molto in ombra nella campagna, è il più critico
nei confronti dello showman: “Donald è bravissimo nelle frasi ad effetto, ma è
un candidato del caos e sarebbe un presidente del caos”; e, ancora, “Io sarò un
comandante in capo, non un agitatore in capo”. Trump se la prende con i moderatori,
che istigherebbero Jeb contro di lui. “Stai correndo per la presidenza, Donald,
ed è un lavoro molto duro”; “Perché, tu sei duro?”; “Lo sono, lo sono”. Per una
volta, Bush non esce groggy dal corpo a corpo.
Invece, Cruz, che è l’alfiere del Tea Party, e Rubio, il più
giovane, che punta sui moderati, si beccano l’un l’altro: Cruz, che sul palco è
accanto a Trump, evita la zuffa con il magnate dell’immobiliare, che la vigilia
l’aveva provocato. Anche il governatore del New Jersey Chris Christie si
ritaglia uno spazio: lui vuole creare una ‘no fly zone’ sulla Siria e sarebbe
pronto a fare abbattere un aereo russo, se la violasse. Il che conferma la
confusione esistente nel gruppo tra amici e nemici in quella zona.
Contro il terrorismo, dice Cruz “ci serve un comandante in
capo come lo fu Reagan contro il comunismo”, che garantisca “la sicurezza dei
nostri figli”. Lui si propone per il ruolo, ma aggiunge: “Chiunque di noi qui
sarebbe infinitamente migliore di Barack Obama o di Hillary Clinton”.
Su un punto, Trump ha un po’ tranquillizzato l’establishment
repubblicano, che vede una sua candidatura come fumo negli occhi, ma che teme
ancor più una sua candidatura come indipendente. ‘Donald il rosso’, per via del
colore dei capelli, l’ha esclusa, smentendo le voci in tal senso: “Sono
pienamente impegnato – ha detto - nel Partito repubblicano”. La stessa
assicurazione è venuta da Ben Carson, l’ex neuro-chirurgo nero, anch’egli
sospettato di tentazioni ‘indipendentiste’.
Carson, come al solito poco loquace
e per nulla efficace, è stato pure danneggiato dal tema del dibattito: lui è poco
ferrato su sicurezza e politica estera.
Questo
è stato l’ultimo dibattito del 2015 fra i candidati repubblicani. A gennaio, ce
ne sarà un sesto, l’ultimo prima dell’inizio della stagione delle primarie, con
le assemblee di partito il 1° febbraio nello Iowa. Sul palco principale, a Las
Vegas c’erano pure il governatore John Kasich (Ohio) e il senatore del Kentucky
Rand Paul. Gli altri candidati più indietro nei sondaggi sono stati relegati a
un palco minore, senza diretta tv nazionale.
Nei rilevamenti nazionali, prima del dibattito, Trump è largamente in
testa, davanti a Cruz e Rubio. Carson, che a ottobre era testa a testa col
magnate dell'immobiliare, è scivolato al quarto posto. Se si guarda però allo Iowa,
Cruz è davanti a Trump o alla pari, a seconda delle fonti. Una raffica di
sondaggi pubblicati ieri dava Trump in ulteriore ascesa, al 38% WP-Abc e
addirittura al 41% la Monmouth University, davanti a Cruz intorno al 15%, Rubio intorno al 12%, Carson, Bush e gli
altri.
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