La sua deportazione venne firmata “ad alto livello”, il suo passaporto venne “manomesso” e lei spera di tornare a Roma e di rivedere il marito e i figli: casacchina bianca con bordini neri, slavata in volto, i movimenti un po’ indolenti, Alma Shalabayeva, la moglie dell’uomo d’affari e dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, racconta a una delegazione dell’M5S la sua versione della deportazione subita a fine maggio, insieme alla figlia Alua, dall’Italia verso il Kazakhstan. Video dell'incontro, durato oltre due ore, sono postati sul blog di Beppe Grillo e sul sito La Cosa.
La delegazione del Movimento è la prima a giungere dall’Italia
in Kazakhstan, dopo lo scoppio dello scandalo della deportazione che portò
sull’orlo della crisi il governo. L’arrivo ad Astana è avvenuto 48 ore dopo
l’arresto, mercoledì in Francia, del marito di Alma, ricercato, per capi
d’imputazione dalla frode al riciclaggio, da Kazakhstan, Russia, Ucraina e Gran
Bretagna. Parigi deciderà solo in autunno se e dove estradarlo.
Dopo avere visto la Shalabayeva nella sua casa di Almaty, la
delegazione dell’M5S avrà oggi alcuni “incontri istituzionali” nella capitale Astana.
Il gruppo di parlamentari, Alessandro
Di Battista, Emanuele Del Grosso, Manlio Di Stefano, Emanuele Scagliusi, Carlo Sibilia,
lascerà il Kazakhstan martedì e vedrà i diplomatici italiani che hanno già
incontrato varie volte Alma e la piccola Alua.
Alla delegazione, la Shalabayeva
ha lanciato un appello: "Vorrei tornare a Roma, rivedere i miei figli –ne
ha altri due, ndr- e mio marito. Gli italiani devono aiutarmi, spero davvero
che lo facciano".
I parlamentari
dell’M5S le hanno assicurato che faranno "il possibile":
"Confidiamo nell’impegno del governo e speriamo anche in un gesto delle
autorità kazake". Per la delegazione, il senso dell’incontro era di “dare
alla signora Shalabayeva e al mondo intero, un'altra immagine dell'Italia, che
rispetta i diritti umani e non si piega di fronte alla ragion di Stato".
I grillini hanno
visto “una donna forte e determinata”. Alma ha ricordato quando il marito fu messo
in carcere la prima volta dalla ‘giustizia’ kazaka: “Contro di lui, nessuna
prova”. E lei ora s’aspetta per sé una condanna dai 2 ai 4 anni.
Poi, la Shalabayeva,
ancora sotto shock, s’è soffermata sulle circostanze dell’espulsione
dall’Italia: fu lasciata senza documenti, senza denaro e senza assistenza
legale, mentre intorno a lei c'erano molte persone armate; quando il passaporto
le venne restituito, constatò che era più spesso di prima, che era stato
manomesso; e chiese più volte asilo politico, senza essere ascoltata.
"Ho avuto paura
che mi volessero uccidere -ha riferito la Shalabayeva-. Ero convinta d’avere
davanti dei mafiosi, anche quando qualcuno mi disse che erano poliziotti. Mi
hanno espulsa senza avvocato, senza interprete, senza biglietto. Quando sono salita sull’aereo, mi hanno
salutato in russo, ma ho capito che era un velivolo kazako”.
Lei e Alua erano sole con l’equipaggio
e due funzionari kazaki.
“Non so che autorità abbia firmato la deportazione: mi hanno detto che la
decisione era stata presa a livello molto alto da due persone, ma non so a chi
si riferissero". "Non lo sappiamo neanche noi", le ha fatto eco
Di Battista. "Se non lo sapete nemmeno voi, c’è un problema" ha
commentato la Shalabayeva.
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