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martedì 27 agosto 2013

Siria: l'intervento è incerto, la pace esclusa

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/08/2013

Che scatti un intervento militare degli Stati Uniti e dei loro alleati, non è affatto sicuro. Che scoppi la pace, è escluso al 100 per cento: Ginevra 2, la conferenza che doveva preparare una via d’uscita  negoziata dal conflitto siriano, è definitivamente saltata, dopo mesi di rinvii. Non la vuole il regime del presidente al-Assad, che, con l’aiuto degli hezbollah, sta riguadagnando terreno. E non la vuole più l’opposizione. Da Istanbul, gli insorti legano il loro no all'attacco al gas nervino del 21 agosto, che avrebbe fatto 1300 morti –il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino parla di 700 vittime-.

Il grado di reazione della comunità internazionale è subordinato alla prova che l’eccidio chimico è stato davvero compiuto dal regime siriano. Finora, la ‘pistola fumante’ non c’è: gli ispettori dell’Onu hanno ieri avuto accesso ai luoghi della strage, accolti da tiri di cecchini –regime e insorti se ne rimpallano la responsabilità-. Ma Washington e Londra obiettano che, dopo tanti giorni, è ben difficile trovare tracce dell’uso di gas. E il segretario di Stato Usa Kerry parla di “attacco chimico su larga scala”, che “ha sconvolto la coscienza del Mondo”, mentre il regime “nasconde la verità”: chi è responsabile “deve risponderne”.

Dopo un colloquio –domenica, a tarda sera- tra il presidente Usa Obama e il premier britannico Cameron, che interrompe le vacanze, la stampa inglese dava l’attacco per imminente: poteva addirittura essere immediato. La Casa Bianca smentisce: l’azione militare, se ci sarà, non scatterà nei prossimi giorni e partirà solo di concerto con la comunità internazionale.

La mancanza di riferimento a un avallo dell’Onu lascia la porta aperta a un’azione tipo Kosovo 1999, condotta dalla Nato. Londra considera “possibile” un intervento anche senza il sì del Palazzo di Vetro. Il Cremlino s’irrigidisce: un’azione senza mandato dell’Onu sarebbe una grave violazione della legalità internazionale e avrebbe “conseguenze gravissime”. E il vescovo d’Aleppo prospetta lo scoppio d’una guerra mondiale.

Sul terreno, la litania delle vittime s’allunga, con l’uccisione da parte di “terroristi”, di un leader religioso alauita. E crescono i timori per padre Dall’Oglio: il gesuita, scomparso da settimane, è, dice l’opposizione siriana, “in grave pericolo”.

La geografia della diplomazia sulla Siria è complessa è frastagliata. La Francia guida il partito dell’intervento, ma non può scendere in campo da sola, come fece in Malì. Così Parigi annuncia “una risposta concordata” a giorni. Obama è riluttante, il Pentagono prudente: non è chiaro dove stia l’interesse nazionale degli Stati Uniti, in un conflitto dove nessuno sa bene chi siano i ‘buoni’, ammesso che ci siano. La chiave di volta può essere l’esito delle indagini dell’Onu.

In Europa, chi tira il freno è soprattutto la Germania: la questione siriana è ormai diventata tema della campagna elettorale. Ieri, una qualche apertura interventista della cancelliera Merkel ha immediatamente destato l’eco contraria dell’opposizione socialdemocratica. Per l’Italia, è “impensabile” un intervento senza l’avallo dell’Onu: la Bonino invita a pensarci “mille volte” e ipotizza alternative, come deferire al-Assad alla Corte penale internazionale; ma il Governo dice che “è stato superato il punto di non ritorno”. L’Ue si rimette all’Onu.

Chi è pronto a mettere il veto è la Russia, che ammonisce “a non ripetere gli errori dell’Iraq”, denuncia “l’isteria” anti al-Assad e bolla come “accuse senza prove” quelle a Damasco. La Cina resta discreta e s’affida all’ “obiettività” dell’indagine dell’Onu.

La mappa è più intricata nel Mondo arabo e islamico. L’Iran e le comunità sciite sono vicine agli alauiti siriani, cui appartiene la famiglia al-Assad, mentre l’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo finanziano ed armano l’insurrezione sunnita, nonostante essa sia stata infiltrata da formazioni terroriste integraliste. La Turchia è pronta all'intervento anche senza l’avallo dell’Onu. Con toni alla Saddam Hussein, il presidente siriano afferma che l’attacco internazionale sarebbe un flop. E l’Iran prospetta agli Usa un altro Afghanistan. Ma nessuno ha davvero voglia di andare a vedere se è tutto un bluff.

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