Dicembre 1981, Benjamin Street, un sabato mattina: un uomo, solo, corpulento, ma distinto, sosta davanti a una vetrina dell’elegante strada nel centro di Londra. Lo sguardo è lontano: non si posa sui capi d’abbigliamento esposti. La sera prima, la diplomazia europea e italiana avevano sbattuto contro il muro britannico di Margaret Thatcher, in un Vertice conclusosi con un nulla di fatto. “Ambasciatore, non è allegro, oggi”. E lui, Renato Ruggiero, all’epoca rappresentante permanente dell’Italia presso la Cee, sfoga con il giornalista tutta l’amarezza del diplomatico che individua con chiarezza l’interesse dell’Europa e dell’Italia e non riesce a muovere le cose nella direzione giusta.
Negli anni successivi, Ruggiero, scomparso ieri, all’età di
83 anni, di occasioni di fare la cosa giusta ne ebbe molte. E spesso le colse: direttore
generale della Wto, l'organo del commercio mondiale, ministro a più riprese del
commercio estero e poi degli esteri. Chiamato alla guida della Farnesina da
Silvio Berlusconi nel 2001, Ruggiero anche allora fece la cosa giusta: dopo sei
mesi, si dimise, perché aveva capito, dopo l’iniziale illusione, che il suo
posto non poteva essere in quel governo.
Il ministro degli Esteri Emma Bonino, che lo conosceva bene,
ha salutato, “con profonda tristezza”, un "grande protagonista della
diplomazia italiana del Novecento, che ha
messo al servizio del Paese un'eccezionale statura professionale e morale in
tutti i numerosi incarichi che ha ricoperto come diplomatico e in prestigiosi
contesti internazionali". Se, intorno a un tavolo, c’era
l’ambasciatore Ruggiero, potevate stare sicuri che le ragioni dell’Italia
sarebbero state ascoltate, se non accettate.
"Uomo delle istituzioni e uomo d’impresa e profondo
conoscitore delle complesse dinamiche dell'economia internazionale”: la Bonino
accenna così alle esperienze come ‘ministro degli Esteri’ di Fiat e presidente
di Eni.
Napoletano colto e arguto, Ruggiero ‘fece la gavetta’ a
Mosca, Washington, Bruxelles. Nel 1970,
è capo di gabinetto del presidente della Commissione europea Malfatti; nel
1977, è portavoce dell’Istituzione. Consigliere di premier e ministri, Ruggiero
torna a Bruxelles nel 1980 come ambasciatore e vi resta fino all’ ‘84, quando contribuisce a risolvere quel
problema britannico che lo angustiava quel sabato a Benjamin Street.
Diventa segretario
generale della Farnesina. Dopo le elezioni del 1987, passa alla politica: ministro
del commercio estero in quota Psi, con Goria, de Mita e Andreotti premier. Tra
il 1991 e il ‘95 è alla Fiat; poi, alla Wto fino al ’99; quindi, presiede l’Eni.
L'11 giugno 2001
Berlusconi lo designa agli Esteri nel suo secondo governo. Dopo appena sei
mesi, Ruggiero si dimette: il sodalizio
con il Cavaliere è chiuso per sempre. L’ambasciatore sarà ancora consigliere
per la Costituzione europea del premier Prodi: l’ultimo mandato europeo di un grande
diplomatico europeo.
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