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mercoledì 28 agosto 2013

Siria: la 'guerra lampo' sta per scattare, Obama deve dare l'ordine d'attacco

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/08/2013

L’attacco ‘limitato’ alla Siria sarebbe imminente, potrebbe scattare già domani: durerà pochi giorni, due o tre, e consisterà essenzialmente in una gragnola di missili. Il presidente Usa Barack Obama, un Nobel per la Pace, reinventa la ‘Blitz Krieg’, la ‘guerra lampo’ d’infausta memoria, pur sapendo che non servirà a nulla. Anzi, l’intenzione è proprio quella: agire senza incidere, perché Obama non vuole rovesciare al-Assad e non vuole rafforzare l’opposizione, di cui non si fida.

Si tratta di battere un pugno sul tavolo per fare pagare a Damasco l’avere varcato la linea rossa dell’uso delle armi chimiche. Un pugno sul tavolo che farà qualche manciata di morti in più. Ma chi li conta?, nel carnaio siriano… Del resto, di quanto avviene sul terreno in queste ore non importa nulla a nessuno.

Anche se Obama non ha ancora deciso, e se continua il valzer dei contatti fra i potenziali partner dell’intervento militare, le fonti di stampa Usa sono concordi e insistenti: la rappresaglia giungerà dal cielo e dal mare, con o  senza l’avallo dell’Onu, i cui ispettori continuano a provare ad accertare in loco le responsabilità dell’attacco al sarin della scorsa settimana.

Per il WP, la decisione sarà matura una volta raccolte tutte le informazioni di intelligence sull’uso dei gas, completate le consultazioni con gli alleati e con il Congresso e trovata una base giuridica che giustifichi l'intervento armato politicamente e legalmente. Il presidente francese Hollande e il premier britannico Cameron, come pure la Turchia, non hanno riserve sulla risposta militare. Invece, due tedeschi su tre lo bocciano: dei grandi partiti in campagna elettorale, nessuno lo avalla.

Con la Russia, la frattura è netta: Washington rinvia l’incontro bilaterale in programma per oggi; Mosca esprime rammarico. La Siria si dice pronta a difendersi se attaccata, l’Iran costituisce l’incognita maggiore in questa situazione. E le borse cadono un po’ ovunque: incertezza e preoccupazione condizionano gli affari, anche se Cameron ostenta sicurezza, l’attacco –afferma- non incendierà tutto il Medio Oriente. Risale pure lo spread, ma quello è tutta un’altra storia.

L’Italia si barcamena. Il ministro degli Esteri Bonino è netta: “Non c’è una soluzione militare”, dice in Parlamento. Il premier Letta, parlando con Cameron, giudica “intollerabili” i crimini d’al-Assad. Poi, fonti del Governo precisano che l’Italia non è favorevole all’intervento e non intende concedere l’uso delle proprie basi militari per operazioni in Siria condotte senza l'avallo Onu –e, comunque, finora nessuno ce le ha chieste-: "La priorità è una soluzione politica, per cui l'Italia e' attivamente impegnata”. Oggi, ci sarà un consulto alla Nato; il 4 settembre, ma cose forse fatte, una riunione degli Amici della Siria.

I piani all’esame degli Usa escludono l’impiego di truppe di terra e la creazione d’una ‘no fly zone’: l’attacco sarà “chirurgico”, con missili tirati da unità di superficie o sottomarini e da bombardieri. Nel mirino, obiettivi militari (non solo gli stock chimici) e infrastrutture strategiche, non la persona di al-Assad. L’opposizione siriana è stata sentita in Turchia su cosa colpire, aeroporti, basi e depositi. 

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